Ecco l’impensabile: Castello in B 

La favola inizia col salto in C1 nel 1995, poi un anno da incorniciare e il trionfo dello Zaccheria

CASTEL DI SANGRO. Alla storia è passato come il miracolo del Castel di Sangro in serie B. Mai una squadra di un paese di 5.500 abitanti era arrivato così in alto. Era la stagione 1995-96, a metà dei mitici anni Novanta. C’era la lira, non l’euro. E il termine miracolo per il Castel di Sangro era stato già speso un anno prima quando al Del Duca di Ascoli aveva vinto la finale play off ai rigori contro il Fano di Donati e Sgherri dopo aver eliminato il Livorno. Era già un miracolo vedere il Castel di Sangro per la prima volta in C1. L’ossatura della squadra della C2 confermata. Pochi innesti, tra cui Roberto Aberti Mazzaferro, il cervello della squadra. Che comunque si identificava nel sindaco Paolo Michelini, un centrocampista tutto polmoni diventato il beniamino dei tifosi, e nel capitano Davide Cei, un leader silenzioso. Dallo spareggio di Ascoli ha iniziato a montare un’onda lunga abilmente cavalcata da Osvaldo Jaconi. Quella squadra sembrava lanciata. Non rubava l’occhio per lo spettacolo, ma era terribilmente concreta. A tal punto che a metà stagione l’idea di provare il grande salto era frullata a chi il giocattolo l’aveva costruito, ovvero al presidente Gabriele Gravina e all’allenatore Osvaldo Jaconi. Per rinforzare l’organico serviva un giocatore dalle caratteristiche diverse da quelle dei giocatori in organico, modellato per il 4-4-2. Jaconi si ricordò di Edmondo De Amicis, un 10 che aveva allenato a Lentini, in Sicilia. Quell’operazione fu avallata dal patron Pietro Rezza che supervisionava la creatura dall’alto. Tutti convinti che era il caso di provarci, perché quel Castel di Sangro volava. Viaggiava oltre ogni più rosea previsione. Solo il Lecce di Ventura sembrava avere qualcosa in più, magari un bomber come Francioso che segnò 21 gol in quel campionato.
La conquista dei play off era la sublimazione di una stagione da protagonista. Ma mentre tutti erano convinti che quello era già un gran risultato che poteva gratificare le aspettative, Gravina, Jaconi e la squadra no. Pensavano al colpaccio, ovvero alla serie B. Facevano sul serio, altro che pancia piena. Ma la prima dei play off a Gualdo finisce con una sconfitta, una doccia gelata. E al ritorno gli assalti non producono effetti. A tempo scaduto la rete di Salvatore D’Angelo, un difensore di riserva che Jaconi aveva gettato nella mischia alla disperata. Finale a Foggia contro l’Ascoli contro i bianconeri che avevano eliminato la Nocerina. L’Ascoli che aveva il capocannoniere Mirabelli e i favori del pronostico. Quel giorno allo Zaccheria faceva un gran caldo. L’Italia agli Europei in Inghilterra era stata già eliminata. La vigilia trascorre con i media a descrivere Castel di Sangro-Ascoli come Davide contro Golia. Ovviamente, tutti convinti che sarebbe stato l’Ascoli a salire in B. Potrà mai la squadra di un paese di 5.500 abitanti arrivare in B? No, per carità. Se ne erano convinti anche gli ascolani. Quel giorno pensavano di fare un sol boccone dei sangrini. Nel pre-partita la confidenza di Leandro Leonardi, il ds, uno che di calcio capisce come pochi, sia sul piano tecnico che amministrativo. «Guarda che se si va ai supplementari, ci sarà una sorpresa…». Era già difficile immaginare quella finale play off ai supplementari, figurarsi la sorpresa. Altro non era il cambio tra De Juliis e Pietro Spinosa: il primo portiere titolare, uno che aveva incassato il primo gol in campionato alla sesta giornata e l’altro non aveva fatto nemmeno un minuto. Partita non bella, bloccata. Inevitabile il ricorso ai tiri dal dischetto. E dalla tribuna quando si vede Spinosa iniziare il riscaldamento si capisce qual è la sorpresa. De Juliis non la prende bene quando gli viene detto che deve lasciare il campo. Piange. Soprattutto, pensa tutto il male possibile di Jaconi. Che gli urla in faccia: “Vuoi giocare in B la prossima stagione? Allora, lasciami fare...”. A distanza di anni Van Gaal, sulla panchina dell’Olanda, ai Mondiale fece la stessa sostituzione nel 2014. Non finiva mai quel pomeriggio a Foggia. Gli ascolani erano comunque convinti che la B sarebbe stata loro, lo erano anche in tribuna stampa. E quando Claudio Bonomi manda la palla sulla traversa, il destino sembra segnato. Sembra, perché quello che sembra impossibile diventa realtà. Sbaglia Mirabelli dal dischetto, il cannoniere che aveva trascinato l’Ascoli. E, soprattutto, Spinosa, intercetta la conclusione di Milana. Quello che serviva per far entrare quel 22 giugno 1996 nella storia del calco. Da quel momento in poi è un delirio. In campo e sugli spalti. Il Castel di Sangro in B diventa un titolo del telegiornale del Tg5. Dalle redazioni piovono richieste di articoli per spiegare il miracolo. Euforia indicibile. Il pullman della squadra torna in paese nella notte in mezzo a due ali di folla festante. C’era anche gente che non era di Castel di Sangro, ma che era arrivata lì dal circondario. I giocatori erano fuori dalla grazia di Dio. Il napoletano Fusco il più attivo negli scherzi; a ruota Giacomo Galli, il bello del gruppo.
Tutti al ristorante La Lanterna, da Marcella, una sorta di covo dove i giocatori si sfogavano, Jaconi disegnava schemi sulle tovaglie e i dirigenti pianificavano operazioni di mercato. Un miracolo, per l’appunto.
Un qualcosa di irrazionale nel calcio. Un evento irripetibile. Difficile da raccontare, perché certe emozioni puoi capirle solo se le vivi.
@roccocoletti1. ©RIPRODUZIONE RISERVATA