Gabriele e Amedeo nella storia della pallanuoto

Il papà iniziò con Bud Spencer, il figlio ha vinto un titolo olimpico ed è il vice allenatore dell’Italia

PESCARA. Nel Dna della famiglia Pomilio non c'è solo il basket, l'altra faccia del successo sportivo porta dritto in piscina. Gabriele e Amedeo, padre e figlio, il primo ha inventato di fatto la pallanuoto pescarese, portandola dal nulla al tetto d'Europa, il secondo ne è stato grande interprete, facendo collezione di trionfi per più di un decennio, tanto da mettere in bacheca vittorie in tutte le competizioni, nazionali e internazionali, alle quali ha partecipato. Gabriele Pomilio, classe 1938, fratello di Vittorio, in acqua ci finì a 13 anni, quasi per punizione: «Diciamo che ero un po' vivace», racconta, «e così un giorno mio padre Amedeo mi portò da Tonino D'Ercole all'Alcione chiedendogli di farmi fare sport. Nuoto e le prime partite di pallanuoto, d'inverno anche pallacanestro ai Gesuiti. Quando mi trasferii a Roma per studiare, entrai nella squadra di Promozione della Stella Azzurra, un giorno mi capitò di dover sostituire Vittorio impegnato con la Nazionale e rimediai una valanga di fischi. La passione per la pallanuoto scattò quando incontrai Cesare Rubini. Era l'allenatore della As Roma, con lui, dopo un anno a Civitavecchia senza mai giocare, scoprii un altro mondo, tra i miei compagni di squadra c'era Carlo Pederzoli, il futuro Bud Spencer. Un'esperienza fantastica, quando tornai a Pescara nel 1963 ero pieno di idee e di sogni, qualche anno dopo, con le Naiadi in costruzione, capii che forse potevo farcela». Il croato Bucevic primo allenatore, due promozioni, la serie A con Geppino d'Altrui e Pizzo, il "caimano" che aveva vinto 15 scudetti con la Pro Recco oltre alle Olimpiadi proprio con D'Altrui. Un colpo di genio che anticipava il boom, quello che nell'era di Estiarte trasformò Pescara in capitale europea della pallanuoto. Dietro i trionfi c'era una città che si appassionava sempre più a questo sport e un fiorente vivaio, tra i tanti giovani in carriera pure lui, Amedeo Pomilio, il figlio del "boss" che sarebbe diventato un campione. 414 presenze in Nazionale, l'oro alle Olimpiadi di Barcellona dopo la mitica finale con la Spagna, un Mondiale e 2 Europei, 3 scudetti, 5 successi col Pescara in Europa, il bronzo ad Atlanta, il grande slam con Ratko Rudic. Oggi Amedeo, 46 anni, è viceallenatore della Nazionale, l'anno scorso a Perth ha guidato l'Italia che ha vinto il mondiale Under 18. «In effetti non è poco», dice, «per uno che da bambino aveva terrore dell'acqua. Se ho vinto la paura e ho imparato a nuotare lo devo a mia nonna, prima della pallanuoto provai anche col calcio alla scuola di Bruno Pace. Il successo di famiglia? Non è una questione di gene quanto di cultura sportiva, di stile di vita. E' il carattere che si forma seguendo indirizzi precisi, è la testa che guida e esalta anche il talento facendoti ottenere il massimo con l'impegno e il sacrificio che non può mai mancare». (a.d.l.)

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