L’Aquila perde la finale senza premio

Rossoblù sottotono in casa del Rieti. Palo e traversa impediscono la rimonta. Esposto uno striscione pro Amatrice

INVIATO A RIETI. A bocca asciutta. Non si brinda né a champagne né ad acqua sulfurea, visto che le fontane di Cotilia sono incredibilmente all’asciutto. Nella gara che mette in palio un premio più che virtuale, un posto per una graduatoria per un eventuale ripescaggio, i rossoblù giocano una delle peggiori partite della gestione Battistini. Il Rieti ne approfitta, mette a segno una doppietta nel giro di 35 minuti che spegne quel poco di entusiasmo che si era faticosamente creato attorno all’ultimo atto di un campionato andato agli archivi già da diverse giornate. Eppure, sarebbe davvero ingiusto gettare la croce addosso a Battistini e al gruppo che, bene o male, ha deciso di fare quadrato e di andargli dietro dopo l’ennesimo, inspiegabile ribaltone che ha portato alla fine del progetto tecnico di Morgia e Battisti. Una pianificazione al contrario, da ascrivere alle scelte societarie che hanno, come al solito, spaccato la piazza. Così, quella finale strappata coi denti ad avversarie che avevano programmato ugualmente di vincere, e non hanno vinto, diventa lo specchio dell’ennesima stagione fallimentare. Un altro anno sprecato, tra i proclami di inizio stagione e i ripensamenti di gennaio culminati nella decapitazione del progetto tecnico e nel dimezzamento della squadra, nei numeri e nei costi. Nessuna colpa può essere attribuita a chi questa situazione si è ritrovato a dover gestire. Il tecnico Pierfrancesco Battistini ha fatto quello che ha potuto, a fronte di una situazione disastrosa. In pochi si sarebbero presi la gatta da pelare. I reduci del gruppo Morgia hanno stretto i denti e sono andati avanti tra mille difficoltà e in una situazione di grande incertezza. Le parole di Minincleri, capitano erroneamente indicato tra gli ammutinati, che chiude la stagione con 17 reti all’attivo, dopo la vittoria di Monterosi sono illuminanti: «Siamo rimasti soli».
La solitudine dei calciatori da una parte, lo smarrimento dell’ambiente dall’altra. Una piazza sfiancata dai problemi societari che dai fatti del calcioscommesse in poi sono sempre in primo piano. Sembra arrivato il momento, per Chiodi e soci, di dare una risposta al monito «vincete o lasciate». La società che un giorno dice di voler cedere e un altro fa capire che andrà avanti (e così sarà) deve una risposta alla città. Il futuro è carico d’incognite. Lo sanno bene i tifosi, che nella finalissima di Rieti hanno seguito la squadra esponendo uno striscione in omaggio ad Amatrice, la cui squadra di calcio ha conquistato la promozione in Seconda categoria ai rigori col Cittaducale (il penalty decisivo è stato segnato dall’aquilano Simone Laurenzi). Tutto lo stadio ha applaudito.
Presi due gol in 35 minuti, il primo su autorete di Pupeschi e il secondo con Scotto, la reazione dei rossoblù, apparsi scarichi, ha portato soltanto a un palo di Diktevicius e a una traversa di Valenti. Poi solo Rieti.
Nella ripresa L’Aquila ha trovato il gol della bandiera con Minincleri su rigore, ma poi è stata condannata per la quarta volta, sempre dal dischetto, con Marcheggiani. Se il campo ha espresso il suo verdetto, si aspetta quello che deve arrivare da fuori. Champagne o acqua sulfurea?
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