La storia del baby Kulibali: "Dai barconi alla serie A con il Pescara"

Il senegalese, ex clandestino di 17 anni, martedì firmerà il contratto da professionista. E’ un centrocampista centrale e Oddo ci sta facendo un pensiero per gennaio

PESCARA. Il viaggio, il sogno e il grande incubo. Li chiamano i barconi della speranza, ma anche della morte. A volte chi vi sale a bordo poi non vede più la terra ferma. Mamadu Kulibali, 17 anni, senegalese di Thies, la seconda città più grande della nazione dopo la capitale Dakar, ha sfidato il mare in tempesta, e non solo, per coronare il suo sogno: il calcio. Lui però è sbarcato sano e salvo, dopo mille peripezie. Prima in Francia, poi nel Belpaese, passando da Livorno, Roma, Roseto e Pescara. Una storia da brividi, quella del centrocampista nato nel 1999 che martedì firmerà un triennale con il Pescara.

«Ho dormito all'aperto per arrivare qui», racconta Kulibali, mentre torna alla Casa D'Annunzio, il convitto che ospita i calciatori del settore giovanile. Dal lunedì al venerdì si allena e vive nel collegio del Delfino, coccolato dallo staff e da Donato Di Campli e Marino Camaioni, i suoi agenti, poi nel fine settimana torna a Roseto, nella casa famiglia che lo ha raccolto dalla strada, precisamente a Montepagano, frazione di Roseto, la stessa che ai tempi accolse anche un certo Babacar, oggi gioiello della Fiorentina. E la storia sembra ripetersi, ma con un lieto fine. Sì, perché nel 2007 Babacar per un soffio non venne tesserato dal Delfino e fu preso dalla Fiorentina tra le ire della dirigenza biancazzurra dell'epoca.

Il Pescara stavolta è stato lungimirante e non si è fatto “rubare” la pepita d'oro. Il centrocampista senegalese ha raggiunto l'accordo con il club biancazzurro e martedì, a meno di intoppi, firmerà il primo contratto da professionista. Il Delfino ha battuto la concorrenza di Genoa, Roma, Milan e Juventus, che si erano interessate al baby fenomeno africano. Mamadu si gode questo momento magico e spera di fare presto l'esordio in prima squadra.

Massimo Oddo ci sta pensando e potrebbe essere proprio lui il primo colpo di mercato invernale. «A Pescara mi trovo bene con la squadra e con gli altri compagni». Destro naturale, fisico possente, può ricoprire tutti i ruoli del centrocampo, anche se lui predilige giocare davanti alla difesa. Dicono che assomigli a Pogba, ma lui non è dello stesso avviso. «Magari come Pogba. Il mio idolo però è Yaya Touré del Manchester City». In prima squadra si è fatto già notare, non solo per la sua classe, ma anche per la personalità. In uno dei primi allenamenti in questa stagione ha subito fatto “assaggiare” i tacchetti a qualche suo più blasonato compagno.

Quando è arrivato in Italia? «Da meno di un anno, nel dicembre 2015. Sono arrivato a Livorno, ma in Europa prima».

Che cosa vuol dire?

«A maggio dello scorso anno ero a Grenoble, in Francia, dove vive mia zia».

Come è arrivato in Francia? «In barca. Sono arrivato sulle coste francesi e poi ho continuato verso Grenoble».

I barconi dei clandestini?

«Sì, quelli».

Perché è venuto in Europa, prima in Francia e poi in Italia?

«Per il calcio. Io nella mia vita voglio solo giocare a calcio. Sono andato in Francia perché c'era mia zia, poi in Italia per delle segnalazioni di alcuni amici».

Ovvero?

«In Francia mi aveva visto un tizio, mentre giochicchiavo con degli amici, disse che voleva portarmi a Livorno per farmi giocare a calcio, ma poi da lì sono andato via. Ero senza soldi, solo. Presi un treno per Roma e poi mi sono ritrovato a Roseto. Ho dormito per alcune notti all'aperto, faceva freddo. Mi hanno trovato al campo sportivo Patrizi, dove dormivo. Scavalcavo le mura e dormivo lì. Sono stato portato da alcune persone in una caserma di carabinieri e poi in una casa famiglia, sempre a Roseto, dove ho iniziato a giocare prima di arrivare al Pescara».

La sua famiglia è in Senegal?

«Sì, certo. Mio padre non voleva che giocassi a calcio e sono fuggito dal Senegal».

Davvero?

«Lui voleva che io andassi solo a scuola, non avevo tempo per allenarmi per provare a fare il calciatore».

E adesso che rapporto ha con suo padre?

«Ottimo, ci siamo sentiti anche poco tempo fa. Lui è rimasto in Senegal, ma ha capito la mia scelta».

La sua famiglia vive a Thies?

«Sì, mio padre è un professore, mia madre è casalinga e ho due sorelle più piccole che vivono con loro».

Perché ha scelto il nostro paese?

«Per il calcio. In Senegal si vive bene e la mia città, Thies, mi piace. Qui però ho trovato la strada per coronare il sogno della mia vita».

Il suo sogno nel cassetto qual è?

«Giocare in serie A».

Tra pochi giorni firmerà il primo contratto da professionista e sa che, se le cose dovessero andare bene, potrebbe guadagnare tanti soldi?

«Sì, lo so. Con i primi soldi sistemerò la famiglia, comprerò una casa».

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