Massaggi marsicani per gli azzurri in Corea 

Di Pietro: «Tempo, fatica e sorriso per gli atleti paralimpici»

PESCARA. E' nato ad Avezzano e lavora a Canistro. Si è formato all'interno dell'universita dell'Aquila, dove da studente ha vissuto il terremoto del 2009, ma adesso gira il mondo con la Nazionale italiana paralimpica di snowboard.
Nel 2014 il battesimo nel magico mondo dei 5 cerchi a Sochi. A fine febbraio diventerà per la prima volta papà, solo pochi giorni prima di partire per la nuova spedizione olimpica, quella di Pyeongchang, in Corea del Sud, dal 9 al 18 marzo. Almeno in parte, questo è l'universo che gravita intorno a Paolo Di Pietro, fisioterapista avezzanese di 37 anni, dal 2013 al seguito della Nazionale paralimpica. Un'avventura nata quasi per caso... «Ero sullo Stelvio per un corso da maestro di snow, e nel nostro albergo c'erano i ragazzi della Nazionale. Uno di loro si fece male e l'allenatrice di allora, che sapeva fossi fisioterapista, mi chiese una mano. L'intervento andò così bene che cinque giorni dopo il ragazzo infortunato partecipò ai campionati Europei».
E poi? «Mi chiamarono dalla federazione», prosegue Di Pietro, «complimentandosi e chiedendomi di collaborare in occasione delle trasferte».
E lei? «Accettai subito. Da quel momento è iniziata una vera e propria avventura. Ho visto posti che mai avrei immaginato di visitare. Canada, Stati Uniti, Olanda, Austria. Ultimamente sono stato anche a Dubai per un sopralluogo».
Non dimentica la Russia? «Quello di Sochi è un capitolo a parte, fantastico sotto il profilo dell'esperienza, meno per quello dei risultati. La sfilata inaugurale, il villaggio olimpico, il mescolarsi di culture, l'integrazione... Sono cose che non dimenticherò. E che voglio rivivere». Lo farà. Ai giochi di Pyeongchag mancano solo due mesi. «Sì, ormai siamo pronti per la spedizione coreana. Attualmente sono a Folgaria per seguire gli allenamenti dei ragazzi. Se l'altra volta è stato comunque bello partecipare, adesso puntiamo a portare a casa il risultato. Ho buone sensazioni».
Ci racconta la sua professione, la sua giornata? «Occorre fare un distinguo: io faccio il fisioterapista all'Ini (istituto neurotraumatologico italiano, ndc) di Canistro, questo è il mio lavoro. Poi, anche grazie a dei colleghi fantastici, che mi hanno sempre spinto e sostenuto, da settembre a maggio sono in giro con la Nazionale, quasi sempre nel fine settimana. Sveglia presto al mattino, duri allenamenti, poi massaggi e relax. Non pensate a cose stratosferiche», dice col sorriso.
Vuol farci credere che la sua non è quella vita rose e fiori che sembra? «Esatto, sembra, ma non è proprio così. Anche in questo mondo c'è un sacco di competizione e voglia di arrivare a tutti i costi. All'inizio non è stato semplice. Ricordo che quando ero in Canada chiamai mio padre e gli dissi: “Non capisco cosa sia venuto a fare, sarebbe stato meglio restare a casa”. Poi le cose sono cambiate e poco dopo ho trovato la risposta alla mia domanda».
Oggi lei ha uno splendido rapporto con i suoi ragazzi. Come l'ha costruito? «Con il tempo, con la fatica e con il sorriso. Lavorare con loro mi fa sentire un privilegiato. Per fortuna il mondo paralimpico sta facendo importanti passi avanti, grazie ai successi ottenuti e alla presenza di figure come Alex Zanardi e Bebe Vio, che inevitabilmente fanno da calamita per l'attenzione pubblica».
E a lei è mai capitato di avere a che fare con personaggi noti? «Se dovessi fare un nome direi Martina Caironi, campionessa centometrista paralimpica. Ma posso assicurarvi di aver provato fortissime emozioni quando sono stato ricevuto dal presidente della Repubblica Mattarella, insieme a Malagò e Pancalli, rispettivamente presidente del Coni e del Comitato Italiano Paralimpico» .
Da emozione a emozione. Forse la più grande di tutte. Tra poco diventerà papà. «Di Alessandro. E' il regalo più bello che la vita possa donarmi. Dovrebbe nascere proprio qualche giorno prima della mia partenza. Spero di godermelo. Mia moglie Ada, mamma Enza, papà Sandro e mio fratello Luigi non mi lasciano mai solo. E adesso vorrei vivere con loro uno dei momenti più importanti della nostra vita». Auguri!
Adriano De Stephanis
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