l’ex presidente della curi racconta

“Papà” Ortolano: D’Aversa e Oddo, storie di talenti e marachelle

PESCARA. Amici d'infanzia, avversari sabato al Biondi nel derby d'Abruzzo. Probabilmente, a parte familiari e parenti, c'è una persona che, più degli altri, ha visto crescere (non solo...

PESCARA. Amici d'infanzia, avversari sabato al Biondi nel derby d'Abruzzo.

Probabilmente, a parte familiari e parenti, c'è una persona che, più degli altri, ha visto crescere (non solo calcisticamente) Roberto D'Aversa e Massimo Oddo. Si tratta di Daniele Ortolano, per anni presidente della Renato Curi e oggi numero uno del calcio dilettantistico abruzzese.

L'ex medico all'ospedale di Atri li ha accolti a braccia aperte in quella che è stata una fucina di talenti, la Renato Curi appunto. Che negli anni Ottanta-Novanta ha sfornato calciatori poi diventati professionisti e collezionato titoli a livello giovanile. «Erano dei bambini», sospira il medico pescarese. Bambini che da tempo sono diventati uomini e che guidano le principali realtà calcistiche abruzzesi. «Un po' di orgoglio Renato Curi c'è, lasciatemelo dire».

E allora si parte con l'album dei ricordi. «Sia Roberto che Massimo hanno fatto tutta la trafila del settore giovanile, dalla scuola calcio. Erano i tempi in cui il quartier generale era all'Aterno e ci si allenava all'Antistadio e a Milesi. Bravi ragazzi, prima di tutto. Roberto D'Aversa faceva parte del gruppo 1984-85. Era un attaccante. Solo dopo si è trasformato in centrocampista. Era un centravanti di manovra, grande fisico e buona tecnica. Caratterialmente serio, molto serio e riflessivo. Lo è tutt'oggi. Nelle giovanili era tra i migliori e, ovviamente, ha attirato su di sè le attenzioni dei grandi club. A quei tempi la Renato Curi era come una gioielleria che metteva in mostra i suoi ori».

D'Aversa lascia la Curi per il Milan durante la stagione 1990-91. «Era ancora inverno. Il Milan, attraverso l'osservatore Zagatti, aveva chiuso l'operazione. Al provino decisivo andarono Roberto e Davide Faieta (ex Chieti e Teramo). Il Milan prese Roberto, ma non Faieta. Se non ricordo male fece tre gol a Milanello. Quanto fu pagato? Non ricordo, sono passati tanti anni…».

Legata alla cessione dell'attuale allenatore della Virtus Lanciano c'è un aneddoto. «Dopo il provino a Milanello andammo in sede, in via Turati. E nei pressi della sede, rischiammo di finire sotto un autobus. Anzi, se non sbaglio, Roberto tolse il piede giusto in tempo… Ogni tanto ci scherziamo su a distanza di tanti anni».

Massimo Oddo invece… «Anche lui ha iniziato con noi dalla scuola calcio. Il papà allenava a quei tempi, al campo l'accompagnava la mamma. Giocava da terzino o da centrale difensivo. Grande capacità atletica, bel fisico. Aveva un gran passo e buona tecnica. Fu ceduto a 16 anni, dopo che aveva esordito in prima squadra, in serie D, a Benevento. Anche lui ragazzo d'oro, a scuola mai un problema, tant'è che si è anche laureato».

Una sorta di predestinato. Ma legato alla cessione di Massimo Oddo Ortolano custodisce ancora oggi un aneddoto. «Il Milan gli aveva messo gli occhi addosso, ma da tempo non si faceva sentire. Probabilmente non era convinto, mentre Pino Vitale, ds della Lucchese, era interessato e pronto a chiudere. Tant'è che ci convocò a Lucca per firmare. Partii in macchina con l'allora segretario Falcone. Dovevamo andare prima a Lucca per Oddo e poi a Torino per definire la cessione di Di Loreto (ex Lanciano). Era tutto a posto, avevamo anche l'ok delle famiglie. Ma poco prima di arrivare a Lucca mi chiamò Ariedo Braida (ex ds del Milan, ora al Barcellona, ndr). "No, Massimo viene al Milan. Ho già parlato con i genitori, tutto a posto". Alzai le mani, vabbé. Ma lo dovevo spiegare a Vitale. E dovevo fargli capire che non l'avevo preso in giro. Un’impresa. Entrai nel suo ufficio in sede, gli raccontai l'evolversi della situazione e provai a convincerlo della mia buonafede».

Come andò a finire? «Che mi cacciò a malo modo dall'ufficio. Ancora oggi non mi saluta».

Quanto fu pagato Oddo? «Il Milan lo prese per 30 milioni più altri bonus. Alla fine arrivammo a 50 milioni, credo. Il bello è che la Lucchese avrebbe pagato qualcosa in più…».

Dagli anni Novanta a oggi. «Rapporto sempre splendido con i ragazzi. Hanno un rispetto favoloso. Sì, perché all'epoca la figura del presidente non era inflazionata come oggi. Si agiva con bastone e carota. I ragazzi vedevano il presidente quasi come un Dio calcistico».

Giovani, ma scarapelli. «Alla Curi erano tutti come soldatini. Non si sgarrava. Roberto era un po' discolo, ma nei limiti. Un ragazzo a cui piaceva divertirsi, fare casino come si diceva all'epoca».

Già, quando racconta l'aneddoto su Oddo inizia a ridere prim'ancora di parlare. «Le giovanili facevano le trasferte sui pullmini. Alla guida c'erano dei volontari. Una volta uno di questi, un pensionato, venne in sede, dicendo che non ne voleva più sapere di portare le squadre della Curi».

Che cosa era accaduto? Ortolano continua a ridere: «Un giorno di ritorno da una trasferta degli Esordienti, lui era alla guida e un ragazzo da dietro l'aveva agganciato al collo fino a quasi farlo uscire di strada…».

Scusi che cosa c'entra Massimo Oddo? «In quel pullmino c'era anche lui…». E Ortolano ride di un gusto unico. Verrebbe da dire: "So' ragazzi".

Sabato, invece? «Non mi chiedete per chi tiferò», la risposta di Daniele Ortolano, «sono come figli. E sono bravi, molto bravi. Ragazzi che faranno carriera, hanno personalità e idee. Roberto ha già una stagione di esperienza alle spalle, ma quest'anno ha fatto l'aziendalista e si è messo sulle spalle un'impresa mastodontica. Speriamo bene. Massimo è un predestinato, sta sfruttando anche la carriera da calciatore ad alti livelli, ha idee e carisma. Sono entrambi figli della Renato Curi….».

@roccocoletti1

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