l'intervista

Soldi, calcio e sigarette: vi racconto il mio Zeman

Parla Casillo: il fumo il suo segreto, grazie a lui ho guadagnato 58 miliardi di lire

PESCARA. «Domenica viene a Foggia questo Zdenek Zeman che allena il Licata, guarda bene come gioca la sua squadra, per me è un fenomeno, però guardalo da solo». Primavera del 1986, Peppino Pavone, ora ds del Pescara, ma all’epoca direttore dei pugliesi, telefona al patron Pasquale Casillo. Il Licata di Zeman ne prende quattro allo Zaccheria, ma la banda di ragazzini siciliani corre e lotta fino al novantesimo. Dopo la partita Casillo riprende Pavone: «Ma sei sicuro, questo Zeman non lo vuole nessuno». «Appunto, lo ingaggiamo noi», risponde Pavone, «costa poco ed è un mago». Un personaggio certamente vulcanico. Pasquale Casillo, ai più noti come Don Pasquale, “il re del grano”, è stato l’ideatore di “Zemanlandia”, un fenomeno più sportivo che calcistico. È stato lui, dopo la segnalazione di Peppino Pavone, a puntare sul boemo.

Casillo, il Pescara ha fatto bene ad ingaggiare Zeman?

«Secondo me doveva prenderlo prima, già 4-5 partite fa. Ho paura che sia troppo tardi. Bravissimo Sebastiani a richiamarlo, gli faccio i complimenti, perché Zeman è il migliore».

Salvezza impossibile?

«La salvezza è difficilissima, ma con Zeman tutto è possibile. L'entusiasmo, la passione della piazza e la tifoseria possono dare una grande mano».

Secondo lei, che conosce Zeman, perché ha accettato la panchina nonostante la situazione drammatica, calcisticamente parlando?

«Pescara è rimasta sempre nella sua testa e sapeva che prima o poi sarebbe tornato. Vi dico che ha rifiutato due offerte importanti in Italia e alla fine ha scelto Pescara, una squadra che ha nel cuore».

Che cosa rappresenta per lei Zeman?

«È colui che rende ricche le società. Lasciamo stare il Foggia degli anni 90, e pensiamo all'ultimo Foggia, quello del 2010. Sapete bene quanti ragazzi ha lanciato e valorizzato: Insigne, Sau, Laribi, Regini e Romagnoli. Ecco, basta questo elenco per far capire quanto faccia bene uno come lui alle società. Gli altri club spendono fiumi di soldi per fare le squadre, lui invece valorizza tutto quello che gli capita tra le mani. E' bravissimo a risanare le società».

Lei, grazie al boemo, quanti soldi ha incassato nella vendita dei calciatori?

«Con il Foggia grazie a lui ho fatto almeno 58 miliardi di vecchie lire di plusvalenze».

Il colpo migliore?

«L'affare più grande è stato Igor Shalimov, preso a parametro zero e venduto all'Inter per 18 miliardi».

Il segreto del successo?

«La coppia formata da Pavone e Zeman. Loro due formano un binomio perfetto, si intendono alla grande».

Il pregio di Zeman?

«Che parla molto».

Non sembra.

«Sì, a voi sembra che parli poco, ma non è così. È una persona per bene e non è venale».

Il difetto?

«Lo stesso: parla molto. Una sua frase, una sua mezza parola fa più rumore di un monologo di due ore. Fa sempre discutere per quello che dice».

Che cosa ha sbagliato?

«Nel 2012 non doveva lasciare Pescara, ma lui covava la vendetta, se così possiamo definirla, di tornare a Roma. Poi, però, sappiamo tutti come è andata a finire».

Il futuro del Delfino, quindi, è il boemo?

«Certo. Anche se il Pescara dovesse retrocedere in serie B, Zeman farà un campionato straordinario, ne sono sicuro».

A quasi 70 anni è ancora sulla breccia...

«Zeman può dare ancora tanto al calcio italiano e poi lui è immortale. Fuma tanto. Questo è il segreto della sua longevità».

Si è mai sentito tradito da lui?

«Non rispondo… Abbiamo avuto diverse divergenze, questo sì, ma lui e Peppino Pavone sono due persone oneste e con la squadra in mano a loro ho sempre dormito sonni tranquilli. Non mi hanno rubato mai nulla».

Che consiglio si sente di dare alla squadra?

«Se i calciatori hanno passione e rispetto, con Zeman possono fare benissimo. I suoi allenamenti sono duri, ma poi si vedono i frutti in campo. Non c'è un calciatore che parla male di Zeman».

Il calcio spettacolo è tornato all'Adriatico.

«Sì, Pescara è la nuova Zemanlandia. Tutti sono impazziti per il suo ritorno. Pensi, io vivo a Roma, e nel mio palazzo c'è un noto professionista di Foggia, che si chiama Nicola Di Stefano, che da quando Zeman è a Pescara, ma anche 5 anni fa, viene a vedere tutte le partite. Il boemo è contagioso. Anzi, dico a Sebastiani di fare a questo supertifoso una tessera speciale. Questo mio amico è talmente innamorato di Zeman che diventerebbe anche socio del Pescara».

Ci racconti qualche aneddoto legato al boemo.

«Sono tantissimi. Una volta gli portai tre scatole di sigarette e gli chiesi di fumarle tutte così sarebbe morto e me lo sarei tolto di torno. Lui rideva e mi guardava fisso negli occhi»

È la scelta giusta quella dei biancazzurri?

«Il Pescara con lui in panchina nel giro di 2-3 anni può fare 70 milioni di plusvalenze. Per Zeman, prima viene la società e poi la squadra. È fatto così. Pensate che una volta... Questa è bellissima, mi ascolti».

Prego.

«Una domenica, erano i tempi di Foggia, vincemmo una gara e diedi un premio di 50 milioni di lire ai giocatori. Zeman era contrariato e venne da me, dicendomi: "Se avessero perso cosa facevi, gli chiedevi lo stipendio indietro?" Lui è così, ti punisce senza parlare, ma tutti gli vogliono bene».

Lei come lo chiama: sdengo, boemo o Zdenek?

«Per me lui è il muto, questo soprannome l’ho creato io».

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