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Zeman, da tifoso a simbolo dell’antijuventinità

Doping e Calciopoli, il tecnico del Pescara è ancora odiato dagli ultrà bianconeri

PESCARA. Per i tifosi della Juventus è un nemico giurato, anche se lui rifiuta categoricamente questa etichetta. Comunque sia, quando Zdenek Zeman affronta i bianconeri le polemiche non mancano mai. Nel corso degli anni il boemo è diventato quasi un simbolo dell’antijuventinità. «La verità è che io sono nato juventino», ha spiegato tempo fa il tecnico biancazzurro,«facevo 23 ore di viaggio per vedere i bianconeri allenati da mio zio Vycpalek. A me non dava fastidio la Juve, ma chi c’era in società e come gestivano il potere».

I supporter della Vecchia Signora iniziano a odiarlo nell’estate del 1998, quando Zeman comincia a parlare della sospetta crescita muscolare di alcuni giocatori della Juve. Il più risentito per le accuse è Gianluca Vialli che accusa il boemo di essere un terrorista, Alessandro Del Piero gli presenta una querela (poi archiviata) e Marcello Lippi suggerisce di squalificarlo per 5 anni. Le parole di Zeman danno il via all’inchiesta sull’abuso di farmaci nel calcio condotta dal pubblico ministero torinese Raffaele Guariniello. Dopo qualche anno Vialli ammette che «la denuncia di Zeman ha portato a dei cambiamenti. Si è scoperto che qualcosa non funzionava nel centro antidoping e che si faceva troppo uso di medicinali».

In ogni caso, dal 1998 Zeman diventa il nemico degli juventini, in particolare della dirigenza che guida in quegli anni la Vecchia Signora, cioè la triade Moggi-Giraudo-Bettega. Durante Calciopoli spuntano varie intercettazioni. In una di queste, Moggi parla a Giraudo dicendo: «Bisogna dargli una legnata». Alla fine della stagione ’98-99, la Roma non rinnova il contratto a Zeman che resta ai margini del calcio che conta. Da quel momento ogni volta che il boemo parla della Juve suscita le reazioni dei tifosi bianconeri: «Ho seguito il processo (quello sull'abuso di farmaci, ndr) con grande tristezza. Atleti sani imbottiti di psicofarmaci, antidepressivi, medicine per malattie cardiologiche e neurologiche (...). Se la Juve è colpevole, bisogna toglierle i trofei vinti in questi anni perché non le spetterebbero». Nel 2005 torna al Delle Alpi con il Lecce e prima del match dice: «Penso che qualche juventino ce l' avrà con me, ma penso anche che se leggessero le motivazioni della sentenza capirebbero anche loro che questa è una storia triste. Io sono un uomo di calcio e voglio che si rispettino le regole. Chi lo fa è mio amico, chi imbroglia è un mio nemico».

Negli ultimi anni tantissime stilettate a Moggi. Nel 2011 quando allenava il Pescara («Io faccio ancora calcio. Lui no. Credo che questo vorrà dire pur qualcosa») e alla società bianconera quando si parlava della terza stella. «Ognuno si può mettere quello che vuole, anch'io potrei mettermi due stelline. Gli juventini si sentono così, io di scudetti ne scriverei magari ventidue, ventitrè».

Sul campo, però, spesso il boemo ha incontrato enormi difficoltà contro la Juve. In carriera l’ha affrontata 23 volte riuscendo a batterla solo in quattro circostanze, tre sono stati i pareggi e sedici le sconfitte con 29 gol fatti in totale e 49 subiti. L’ultima vittoria risale al 15 novembre 1998 (Roma-Juventus 2-0). Le più belle soddisfazioni contro la Vecchia Signora, se le tolse quando era alla Lazio con i successi per 3-0 a maggio del’95 in trasferta e il 4-0 all’Olimpico a ottobre dello stesso anno (doppietta di Casiraghi, Signori e Rambaudi) con la Juve di Lippi che a fine stagione vinse la Champions League. Di sicuro sabato anche Allegri baratterebbe un ko all’Adriatico in cambio della coppa che a Torino manca da 21 anni.

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