È morto Malavolta, un re dell’impresa

Tra grandi ascese e brusche cadute ha segnato un’epoca nell’industria alimentare, nello sport e nella televisione

TERAMO. Si è conclusa nel tardo pomeriggio di ieri, all’ospedale Mazzini di Teramo, la vita avventurosa di Aristide Romano Malavolta. Il “patron”, così i giornalisti abruzzesi lo chiamavano quando era a capo di un piccolo impero industriale, o anche “il commendatore”, aveva 83 anni ed era gravemente malato. I figli Mario, Rita e Andrea e la seconda moglie Amabilia lo hanno visto aggravarsi dieci giorni fa, quando è stato ricoverato, e vegliato fino all’ultimo. Da stamattina alle 8 la salma sarà esposta nell’obitorio del Mazzini e domani alle 11 si terrà il funerale a Bellante, il suo paese natale.

L’ASCESA. Il 14 luglio 1948, a Roma, quando spararono a Palmiro Togliatti, vicino al leader del Pci c’era un robusto giovanotto abruzzese. Malavolta, appunto. Che era andato nella Capitale in cerca di fortuna e per sbarcare il lunario faceva da guardaspalle al “migliore”. Il giovane Aristide, poi, si fece strada nel mondo dei gelati. Partì come oscuro fattorino dell’Algida e arrivò lontano, molto lontano. Merito di un carattere di ferro, sanguigno e spregiudicato.

LE INDUSTRIE. Malavolta tornò nella terra d’origine agli inizi degli anni 80, quando acquistò da Carlo Di Giosia l’Aquila d’oro, storica azienda teramana, e da lì proseguì e potenziò la produzione di cialde e biscotti. L’imprenditore bellantese conosceva bene il settore in quanto prima di avviare l’attività industriale era stato a lungo un grande distributore, per l’area Centro-Sud, della Toseroni e dell’Eldorado. Non solo: aveva anche ottimi contatti all’interno dell’Algida, tant’è che una delle prime commesse ottenute fu quella per la produzione del Cucciolone. A metà degli anni 80 Malavolta aprì un moderno stabilimento a Sant’Atto, dove trasferì tutta la produzione, cambiando nome all’azienda che adesso si chiamava Interindustria. Dopo una serie di complesse vicende societarie, di nuovo un cambio di nome in Campo del Re e poi la nascita della Foodinvest, specializzata nella lavorazione conto terzi di alimentari. Il gruppo ha avuto un lungo momento di espansione, con una serie di acquisizioni e aperture ex novo di stabilimenti, fino ad arrivare nel 2004 alla costituzione di una vera e propria holding, la Malavolta Corporate, con quasi 800 dipendenti e otto stabilimenti in varie regioni italiane. Un gruppo industriale importante e ramificato, uno dei più importanti d’Italia nel settore agroalimentare. I poli produttivi più grandi erano quello teramano (209 dipendenti) e quello di Meduno, in Friuli. Dal 2007 c’è stato il declino, fulmineo, con chiusure e fallimenti a catena e un’inchiesta sfociata in un processo, che è ancora in corso a Roma e coinvolge in primis il figlio Mario, per il crac della holding. La drammatica fine dell’impero imprenditoriale per Aristide si è accompagnata alla malattia e soprattutto alla morte prematura del figlio Romano junior (Romy): tutti eventi che hanno reso tristi gli ultimi anni del patron.

LO SPORT. Una delle grandi passioni di Malavolta era lo sport, da lui finanziato e sostenuto a più riprese, sempre a Teramo. Dal basket con il marchio Campo del Re alla pallamano di serie A con il marchio Tonini fino al calcio. Un’avventura gestita dal figlio Romy dal 1997 al 2008 e anche questa finita male, con il fallimento della società, ma dopo momenti indimenticabili.

EDITORIA E POLITICA. Ha tentato anche la strada della politica, il “commenda”, candidandosi alla Camera nel 1996 per Forza Italia ma venendo battuto da Vincenzo Cerulli Irelli del Ppi. E ha sentito forte il fascino della comunicazione, facendo l’editore televisivo dalla fine degli anni 80 con Tele-T ai primi anni 90 con Verde Tv per poi rilevare Teleponte, di cui è stato editore nello stesso periodo in cui il figlio è stato presidente del Teramo calcio, quindi dal 1997 al 2008.(d.v.-a.f.)

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