Alba, novanta sott'accusa

Permessi facili ai cinesi: chiesto il giudizio per commercialisti e vigili urbani. Davanti al giudice anche agenti immobiliari e proprietari di case

TERAMO. La procura chiede il processo per i permessi facili ai cinesi. A sei mesi dal blitz che portò in carcere 45 dei 90 indagati, tra italiani e stranieri, il pm David Mancini ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio. Ora sarà il gup a decidere. Il provvedimento del pm mette la parola fine ad un'inchiesta lampo che ha avuto il merito di portare alla luce l'ennesimo business sui clandestini.

CHI SONO. Tutti gli indagati sono accusati di concorso in attività illegali, finalizzate al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Sotto accusa, insieme a decine di cinesi, anche commercialisti, geometri, titolari di agenzie immobiliari, proprietari di case e un vigile urbano di Alba Adriatica.  Nove gli albensi arestati per cui il pm ha chiesto il processo: il commercialista Giuliano Boffi, la moglie Giovanna Di Lorenzo, gli agenti immobiliari Giuliana Esposito e il figlio Gino Bruni, il vigile urbano di Alba Adriatica Massimo Ritrecina, il geometra Antonio Di Gennaro, Lanfranco Marziale e la moglie Miriam Bacà. Tra gli indagati (il suo nome figura nell'avviso di conclusione delle indagini) anche l'assessore comunale al turismo Pierluigi Marziale. Figura non come amministratore e politico, ma come proprietario di appartamenti, per l'affito di un alloggio. Marziale ha sempre sostenuto di aver regolarmente registrato e depositato all'Agenzia delle Entrate il contratto di locazione.  

IL MECCANISMO.
Secondo l'accusa il gruppo produceva documentazione falsa per chi non possedeva i requisiti, falsificava buste paga e planimetrie di alloggi, con l' aiuto, in quest'ultimo caso, del vigile urbano delegato agli accertamenti delle residenze. Per perfezionare le pratiche era necessaria la partecipazione di intermediari cinesi, titolari di ditte in Abruzzo e Toscana che in molti casi redigevano falsi contratti di prestazione occasionale indispensabili per alterare il reddito di coloro che richiedevano il ricongiungimento familiare.  Il pacchetto completo da presentare per chiedere il ricongiungimento ai cinesi costava 10mila euro e ad occuparsene, sempre secondo l'accusa sostenuta dalla procura, era Giovanna Di Lorenzo tramite il suo studio commerciale. 

L'INDAGINE. La squadra mobile diretta da Gennaro Capasso nel corso degli accertamenti ha individuato 112 pratiche gestite dallo studio commerciale di Alba tra il 2007 e il 2009: di queste, 13 sono di cittadini cinesi che hanno ottenuto la carta di soggiorno, 12 sono state bloccate in questura, 12 nei consolati italiani in Cina e 2 pronte per il ritiro allo sportello unico per l immigrazione. Le indagini sono partite nel 2008 dopo il controllo di alcune pratiche giacenti allo sportello unico per l'immigrazione, pratiche alcune delle quali ritenute sospette. In particolare le autocertificazioni di residenza fatte dai cittadini cinesi sono risultate false.  Le prime indagini della polizia hanno accertato che i richiedenti di quei ricongiungimenti non avevano mai alloggiato in quelle case. Ben presto gli agenti hanno scoperto che tutte quelle pratiche sospette arrivavano dallo stesso studio commerciale di Alba.  In questi mesi molti degli arrestati hanno chiesto di essere ascoltati dal pm, confermando le accuse. L'operazione dei falsi permessi dei cinesi è stata la prima di una lunga serie di attività di questo tipo fatte successivamente in Val Vibrata. E' di qualche mese fa, infatti, l'altra indagine (in questo caso è stata portata avanti dai carabinieri su delega del pm Stefano Giovagnoni) che ha fatto scoprire il meccanismo usato per regolarizzare decine di finte badanti.

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