Asl Teramo, Varrassi può arrivare a fine mandato

Il parere legale chiesto dalla Regione invita ad attendere il rinvio a giudizio, che non arriverà prima dell’estate

TERAMO. E’ assai probabile, nonostante la bufera giudiziaria e politica che si è scatenata sulla sua gestione, che il direttore generale della Asl di Teramo, Giustino Varrassi, arriverà a completare il proprio mandato, che scade nel dicembre dell’anno appena cominciato. Nella peggiore (per lui) delle ipotesi, a completarlo ci andrà molto vicino. Il parere legale dell’illustre avvocato romano Federico Tedeschini, che la settimana scorsa ha spinto la Regione a stoppare la procedura di rescissione contrattuale avviata contro Varrassi , dice in sostanza: non potete licenziare un manager solo indagato, nel caso in cui ci sia un rinvio a giudizio potete tutt’al più sospenderlo in via cautelare. Poiché al momento solo due delle quattro inchieste su Varrassi sono chiuse e non c’è ancora una richiesta di rinvio a giudizio, poiché tra la richiesta di giudizio e l’udienza preliminare – quella in cui un giudice stabilisce se un imputato va mandato o meno a processo – trascorrono diversi mesi (di media, a Teramo, quattro-cinque), Varrassi non dovrebbe finire davanti a un gup prima di maggio-giugno. Ma questo termine potrebbe anche slittare a dopo l’estate, visto che la Procura deve ancora chiudere gli altri due procedimenti e il pm Davide Rosati sembra orientato a chiedere un unico processo per tutte le vicende che riguardano Varrassi.

Il ragionamento, è vero, potrebbe essere azzerato dal nuovo parere che la Regione ha richiesto all’Avvocatura dello Stato. Entro gennaio, munita di questo ulteriore parere legale, la giunta Chiodi dovrebbe tornare a occuparsi del caso Varrassi e decidere se andare avanti o meno con la procedura di rescissione del contratto. Il licenziamento del docente aquilano, secondo gli uffici regionali del settore sanità, dev’essere sancito perché, legge alla mano, la raffica di inchieste su Varrassi configura il presupposto della «violazione di leggi», che è giusta causa di licenziamento per i direttori delle Asl. Il manager ha subito ribattuto: ma io sono solo un indagato, nessuno mi ha ancora processato, nessuno ha ancora accertato che ho violato la legge. Ed ha avviato un braccio di ferro con la Regione, annunciando una causa milionaria per danno d’immagine e facendo ricorso al Tar contro la delibera regionale che l’estate scorsa, nel promuoverne l’operato dei primi 18 mesi, aggiungeva una postilla nella quale si diceva a Varrassi, in sintesi: la tua riconferma è subordinata all’acquisizione degli atti giudiziari che ti riguardano. L’avvocato Tedeschini ha dato ragione a Varrassi: è ancora molto, troppo presto per licenziarlo. L’impressione è che la Regione, a prescindere da quello che dirà l’Avvocatura, abbia già tirato il freno a mano. Per vari motivi. Uno, è forte il timore di un braccio di ferro giudiziario che potrebbe portare la Regione a dover pagare fior di risarcimenti a Varrassi; due, e non meno importante, il risvolto politico. A spingere contro Varrassi all’interno della giunta regionale è in particolare Paolo Gatti. Il quale, tra pochi giorni, potrebbe annunciare che si candida al Parlamento con il movimento di Giorgia Meloni. Se lo farà, e se verrà eletto, la giunta Chiodi perderà il “falco” e sarà molto più morbida con il manager.

Intanto, Varrassi continua a dirigere la sanità teramana e a prendere decisioni. Le ultime riguardano quattro nuovi primari vincitori di concorso. Tre diventano di ruolo nei reparti che già dirigevano di fatto: Domenico Gizzonio (chirurgia Sant’Omero), Berardo De Berardis (chirurgia oncologica) e Piero Romualdi (otorino). Uno, per il pronto soccorso, è un nome nuovo, ed è una dottoressa piemontese della quale per ora si sa solo il cognome: Rossi.

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