Atri, ricoveri bloccati: paziente grave trasferito

Primo effetto dei tagli a urologia: il malato in preda a dolori molto forti portato a Teramo per salvargli la vita

ATRI. Il reparto di urologia dell'ospedale di Atri lunedì ha dimesso l'ultimo degente. E nello stesso giorno un paziente arrivato al San Liberatore con un blocco vescicale ha rischiato grosso proprio perchè non poteva essere ricoverato e quindi trattato adeguatamente.

Il paziente, un settantenne di Atri, da mezzogiorno non riusciva a urinare: aveva un blocco vescicale. L'anziano ha sperato che la situazione si risolvesse da sola e ha temporeggiato sperando di riuscire a far pipì. Alle 18 si è deciso ad andare al pronto soccorso di Atri per cercare di risolvere il problema, anche perchè cominciava ad avvertire dei dolori all'addome. Al pronto soccorso hanno chiamato l'urologo, che ha tentato di inserire un catetere al paziente, che soffriva sempre più. Non riuscendoci - forse a causa di un grosso calcolo che impediva l'accesso - non è rimasto altro che disporne il trasferimento all'ospedale di Teramo, dove c'è un vero e proprio reparto di urologia, l'ultimo "superstite" nella Asl.

Il trasferimento è stato lento e complesso, tanto che il settantenne atriano è arrivato al Mazzini alle 22,30. Nel frattempo era stato avvisato l'urologo del Mazzini, che ha portato immediatamente il paziente in reparto. L'anziano era ormai preda di dolori atroci: la vescica si era talmente gonfiata che gli arrivava allo stomaco. Un miracolo che non si sia rotta. Vista la situazione critica, di assoluta emergenza, al medico non è rimasto altro da fare che prendere un grosso ago e, fatta una veloce anestesia locale, perforare la pancia per arrivare alla vescica. Per dare un'idea delle sofferenze a cui è stato sottoposto l'anziano, basta dire che l'ambulatorio si è letteralmente allagato con l'urina.

L'urologia atriana il 12 aprile ha ricevuto la disposizione del direttore di dipartimento e ha iniziato a dimettere i degenti, l'ultimo è stato mandato a casa proprio lunedì. Il caso del paziente atriano è emblematico di quali possano essere gli effetti del blocco dei ricoveri, tantopiù se non supportati da un potenziamento dei pronto soccorso. Da tempo stanno aumentando in maniera esponenziale i trasferimenti di pazienti dagli ospedali periferici a quello di Teramo. Ma anche questi devono essere tempestivi: gli organici dei pronto soccorso e del 118 devono essere adeguati. Il tempo è spesso determinante: se i pazienti sono costretti a lunghe attese ai pronto soccorso prima della diagnosi e poi devono anche essere trasferiti e magari l'ambulanza è impegnata, si verificano casi come quello del settantenne. Senza contare il carico di lavoro che si riversa sui reparti del Mazzini, dove confluiscono pazienti da tutta la provincia.

Intanto proprio sui tagli al San Liberatore il sindaco di Pineto Luciano Monticelli, l'opposizione di Atri e quella di Silvi hanno diffidato la Asl ‹‹ad adottare provvedimenti che, nella forma di razionalizzazioni, riordini, accorpamenti, tagli, eliminazione di unità operative o loro trasformazione, trasferimenti, anche di personale e risorse strumentali ed altra misura esecutiva o applicativa del "Programma operativo 2010", si traducano in una limitazione all'assistenza sanitaria per i cittadini››. Il riferimento è al fatto che il Tar ha sospeso il giudizio sul ricorso presentato dal Comune di Pineto sulla chiusura dell'Utic e sugli altri tagli in quanto attende il giudizio di costituzionalità sul piano operativo stilato dal commissario ad acta.

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