Attende 12 ore al pronto soccorso

La denuncia di un uomo che porta l'anziana madre per un mal di schiena

TERAMO. Ha aspettato 12 ore al pronto soccorso per far visitare l'anziana madre che aveva forti dolori alla schiena. L'attesa è durata dalle 3 di sabato notte fino alle 15 di domenica quando la donna è stata visitata da un ortopedico e dimessa. Con un consiglio dello staff medico: «Il pronto soccorso non è il posto adatto dove far curare i malati cronici, ma un luogo per le urgenze».

A segnalare al Centro la storia è M.M., figlio dell'anziana signora. «Mia madre è caduta un anno fa e ha riportato la frattura di alcune vertebre», racconta l'uomo, «sabato scorso aveva tantissimo dolore alla schiena e così l'ho portata al pronto soccorso. Siamo rimasti tutta la notte e tutta la mattinata successiva lì, in attesa della visita, mia madre era distesa su una lettiga in corridoio, ogni tanto si siedeva anche sulla sedia a rotelle, è molto anziana e riesce a camminare a fatica».

Dopo le molte ore di attesa la visita specialistica con l'ortopedico è finalmente arrivata: per la donna non è stato richiesto il ricovero ma è stata dimessa. «Una dottoressa mi ha detto che il pronto soccorso non è fatto per chi ha problemi pregressi», racconta l'uomo, «e che in questi casi serve il medico di famiglia, ma che cosa avrei dovuto fare di sabato sera?». Il problema dell'accesso al pronto soccorso dei pazienti con problemi cronici - e quindi non con patologie acute e urgenti - è uno dei punti alla base dei casi di lunghe attese o di sovraffollamento.

Un'altra segnalazione del genere arriva anche da A.S., teramano di 62 anni che denuncia di non essere stato adeguatamente assistito dagli operatori. «Ho subito un'operazione di chirurgia vascolare che mi ha salvato le gambe, e di questo devo ringraziare tutto lo staff medico», spiega l'uomo, «ma appena tornato a casa mi è saltato un punto e ho iniziato a perdere sangue dalla ferita. In pronto soccorso all'inizio mi hanno detto che sarei dovuto tornare in reparto a farmi medicare, ma ero stato già dimesso». Dopo diverse discussioni all'uomo è stato assegnato un codice verde. «A quel punto mi sembrava una presa in giro», conclude, «così alla fine sono andato dal mio medico di famiglia che mi ha visitato anche se nel frattempo la ferita si era quasi completamente rimarginata».

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