Bellante disobbedisce ad Alfano sul registro dei matrimoni gay

Il sindaco Di Pietro: «Andiamo avanti lo stesso perché i diritti civili vanno garantiti e tutelati» Intanto la Chiesa ecumenica da Alba Adriatica fa appello al Parlamento: «Sfiduciate il governo»

BELLANTE. L’altolà ad Alfano sulla cancellazione dai registri delle unioni civili italiani delle coppie gay lo fa, dal Teramano, il sindaco di Bellante Mario Di Pietro (Pd). Quello retto da Di Pietro è il solo Comune in provincia di Teramo ad aver istituto nel 2013 il registro delle unioni civili. Il primo cittadino manifesta apertamente il proprio dissenso nei confronti del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che ha chiesto ai prefetti di imporre ai sindaci di rendere nulle le trascrizioni di nozze fra persone dello stesso sesso celebrate all’estero e registrate in Italia.

DISOBBEDIENTE. «Ribadisco che è una questione di diritti civili che vanno garantiti e tutelati», afferma il primo cittadino bellantese, che precisa di voler mantenere ferma la propria posizione in tal senso al pari di altri sindaci italiani, come quelli di Bologna e Napoli. «Rispetto le istituzioni superiori», continua Di Pietro, «ma vado avanti. Ad oggi, nel nostro registro, non c’è alcuna iscrizione di coppie di fatto ma chi vuole può ovviamente iscriversi. Evidentemente, c’è ancora una certa resistenza fra i cittadini».

IL REGOLAMENTO. Il regolamento sulle unioni civili venne approvato nel consiglio comunale di Bellante nell’aprile 2013. La proposta era stata presentata dai consiglieri Gabriele Iobbi e Lunella Cerquoni. Il registro delle cosiddette coppie di fatto rappresenta uno strumento di natura amministrativa attraverso il quale il Comune equipara coloro che vi si iscrivono alle coppie sposate per quanto concerne i provvedimenti di competenza, come le questioni legate alla casa e ai servizi sociali. L’obiettivo è quello di dare una dignità pubblica a coppie unite da vincoli diversi rispetto al matrimonio. Il registro è aperto anche a coppie non residenti. Di Pietro si dichiarò molto soddisfatto che il consiglio comunale all’unanimità avesse approvato un provvedimento così importante. Il registro delle coppie di fatto, secondo il sindaco bellantese, «regala libertà alle persone per tutte quelle decisioni che riguardano la sfera personale ed affettiva per cui nessuna istituzione, né le chiese né gli stati, può pubblicamente imporre la modalità di unione tra persone».

GLI ECUMENICI. Contro la sortita del titolare del Viminale si schiera anche Gianni Di Marco, vescovo della Chiesa cattolica ecumenica di Alba Adriatica, che chiede al Parlamento di non disattendere il dovere di garantire l'uguaglianza e la giustizia sociale. Gli ecumenici non sono nuovi ad uscite pubbliche a favore dei matrimoni omosessuali, vedi la cerimonia celebrata dallo stesso don Gianni mesi fa per unire la storica coppia gay di Pineto formata da Bruno e Orlando. «La Chiesa cattolica ecumenica, con valida successione apostolica», spiega Di Marco in una nota, «fondata dall'arcivescovo primate Mark Steven Shirilau, è contraria e si oppone ad ogni sorta di ingiustizia e discriminazione sin dalla sua fondazione nel 1987. Riteniamo che limitare il matrimonio a qualsiasi sottoinsieme sessuale della popolazione non sia coerente con una visione di giustizia e di uguaglianza. Le leggi statali che arbitrariamente negano il diritto alla dignità dell'amore, violano la libertà degli individui, operano discriminazione e disattendono alle direttive più volte affermate sia in campo europeo che internazionale. Il gesto di Alfano ha una gravità politica senza precedenti e pone l'Italia ancora una volta lontano dall'Europa e in contraddizione con la stessa costituzione che sancisce l'assoluta uguaglianza di ogni cittadino. Ci appelliamo al Parlamento affinchè una volta per tutte sfiduci questo governo che umilia la dignità dei cittadini e dell'Italia tutta. Ci rivolgiamo ai sindaci e agli amministratori locali affinchè, come il sindaco di Bologna, si oppongano a questo diktat fascista e continuino ad essere garanti dei loro cittadini e della democrazia», conclude Gianni Di Marco.

Alex De Palo

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