Bluterma, indagato il banchiere Biasi

L'industriale di Verona sott'accusa per la bancarotta dell'azienda di Colonnella

TERAMO. Un macchinario da due milioni di euro scomparso da un'azienda fallita di Colonnella e ritrovato in Turchia fa finire Paolo Biasi, uno degli industriali banchieri più potenti d'Italia, nel registro degli indagati a Teramo. A Verona la notizia arriva come un fulmine a ciel sereno: Biasi è presidente della Fondazione CariVerona, primo azionista italiano di Unicredit, con una quota del 4,98%. Il sostituto procuratore Bruno Auriemma lo accusa di bancarotta preferenziale.

L'INCHIESTA. L'inchiesta nasce dopo la chiusura della Bluterma, un'azienda del gruppo industriale Biasi che produceva radiatori, dichiarata fallita nel maggio 2008. Biasi ne è il presidente del consiglio d'amministrazione e in questa veste, secondo quanto ipotizzato dalla procura, avrebbe utilizzato fondi della società, già ammessa alla procedura fallimentare, a favore di un'altra azienda del gruppo. Le indagini, affidate agli uomini del comando provinciale della Finanza agli ordini del colonnello Roberto Di Mascio, sono andate avanti per circa un anno e si sono concluse a maggio. Qualche giorno fa, poi, la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini. Con Biasi sono indagati per concorso altri quattro componenti del consiglio di amministrazione.

MACCHINARIO SPARITO. E' un macchinario dell'azienda scomparso dopo il fallimento a far insospettire le Fiamme gialle che, con precisione matematica, riescono a ricostruire i movimenti del costoso apparecchio del valore di due milioni di euro finito in Turchia, in un altro stabilimento del gruppo. Secondo la Finanza quell'apparecchio sarebbe stato sottratto all'attivo patrimoniale dell'azienda fallita. Il che, tradotto in parole semplice, significa che non sarebbe stato usato per soddisfare le richieste di tutti i creditori. Il perchè i finanzieri lo spiegano in un passaggio chiave del rapporto rimesso in procura: il costoso macchinario sarebbe stato portato via da un'altra azienda riconducibile al gruppo Biase con la giustificazione che la Bluterma, dopo il fallimento, non sarebbe più riuscita a pagarlo. Il reato di bancarotta preferenziale presuppone che sia stato leso il principio della «par condicio» tra i creditori, ossia quella particolare forma concorsuale prevista nella procedura di fallimento a garanzia di tutti i creditori. Auriemma ritiene, in sostanza, che Biasi, gestendo la tesoreria attraverso un accordo di "cash pooling" - l'intesa tra società di uno stesso gruppo per affidare a un unico soggetto la gestione delle disponibilità finanziarie - abbia utilizzato fondi dell'azienda già in procedura concorsuale per effettuare investimenti in un' altra industria del gruppo di cui lui stesso era amministratore.

LA STORIA. I primi segnali della crisi alla Bluterma di Colonnella arrivarono nell'aprile del 2008 quando i 98 lavoratori iniziarono uno sciopero. Fuori dai cancelli gli operai protestarono per lo spostamento della produzione all'estero ed anche per la scelta, già in tempo di crisi, di acquisire la gemella Bluradia dichiarata fallita prima ancora della Bluterma. Successivamente un gruppo di operai presentò istanza di fallimento. Per salvaguardare il futuro dei lavoratori si mossero sindacati e Provincia. Si giunse alla cassa integrazione per un anno al termine di un periodo di intense trattative, culminato anche con la rinuncia alla cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività da parte dei sindacati, ipotesi che l'azienda aveva proposto a maggio 2008. Questa soluzione venne verificata dalla Provincia al ministero del Lavoro: avrebbe comportato il riassorbimento di 40 unità e per i rimanenti 58 lavoratori altri strumenti. Nel frattempo il futuro degli operai si faceva sempre più nero. Il 9 marzo del 2009 in Provincia si giunse alla decisione del licenziamento collettivo. Fu il risultato dell'incontro con la curatela fallimentare concluso con un mancato accordo: in quell'occasione i sindacati si rifiutarono anche di firmare il verbale.

I curatori fallimentari non accolsero la richiesta dei sindacati (Ugl, Cgil e Uil) di prorogare per altri 6 mesi la cassa integrazione straordinaria per fallimento. Da qui la decisione di apire la procedura di mobilità.

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