Brucchi dopo le dimissioni: non accetto condizioni

Il giorno dopo la presentazione delle dimissioni a Teramo, Brucchi esce dalla trincea: «Nessuno può imporre diktat, dobbiamo vincere la partita tutti insieme»

TERAMO. «Nessuno può imporre diktat o dettare condizioni». Il giorno dopo la presentazione delle dimissioni da sindaco Maurizio Brucchi esce dalla trincea in cui gli ultimi contrasti interni alla maggioranza lo avevano chiuso per fissare i concetti intorno ai quali riavviare il confronto degli alleati e ricostruire un'eventuale coalizione di governo della città. A disposizione ha tre settimane scarse per rimettere in piedi lo schieramento con cui ha vinto le elezioni nel 2014 o confermare la decisione di abbandonare l'incarico.

IL MONITO. Le sue parole confermano che la sofferta decisione presa venerdì mattina non rappresenta una resa incondizionata, ma l'estremo tentativo di rilanciare l'amministrazione minata dalle ripetute defezioni dallo schieramento che la sosteneva due anni e mezzo fa. Per questo Brucchi spinge sull'acceleratore, lascia intendere che non si lascerà tirare per la giacca nella ricerca di equilibri tra numero e nomi degli assessori e lancia un monito agli alleati. «Non possiamo essere il centrodestra solo quando ci fa comodo», fa notare, «l'appartenenza alla coalizione o c'è sempre o non c'è mai». Come dire che se per le elezioni all'Aquila lo schieramento è compatto, a Teramo non può determinare la caduta definitiva dell'amministrazione. Tanto più che, secondo il sindaco dimissionario, la situazione dell'alleanza in Comune è già arrivata sul tavolo nazionale del centrodestra e dunque non sfocerà a cuor leggero nel "rompete le righe" che spianerebbe la strada al commissariamento.

LA SQUADRA. In ballo non c'è il destino di una persona o di un gruppo dirigente, tiene a precisare Brucchi, ma il futuro della città. «Teramo viene prima di tutto e di tutti», sentenzia, «dobbiamo giocare la partita più importante della nostra storia, ma per farlo c'è bisogno della squadra». Il sindaco dimissionario ricorre alla metafora calcistica per spiegare che «da solo il centravanti non combina nulla». Servono 11 giocatori, che nei numeri del consiglio comunale diventano almeno 17 fedelissimi pronti a sostenere l'amministrazione. «Voglio combattere e vincere questa partita», insiste Brucchi, «non mi piace perdere e se manca la squadra, allora siamo sconfitti in partenza». I prossimi venti giorni, dunque, saranno decisivi per verificare se il primo cittadino eletto nel 2014 ha ancora un numero sufficiente di giocatori dalla sua parte. «Devo capire se ho un esercito alle mie spalle o se sono da solo», insiste, «se possiamo combattere o se bisogna arrendersi e a quel punto ognuno si assume le proprie responsabilità». L'emergenza innescata dal terremoto imporrebbe uno scatto di responsabilità. «Tutto quello che è accaduto va messo alle spalle e ognuno deve fare la propria parte, dissidenti e opposizione compresi», evidenzia Brucchi, «è in gioco il destino della città e questo i teramani lo hanno capito».

LO SPETTRO. Il sindaco dimissionario non raccoglie «le provocazioni di una certa classe politica» che ha esultato per le sue dimissioni ma sottolinea di aver ricevuto tantissimi attestati di solidarietà e inviti a non lasciare la città in mano a una gestione commissariale che durerebbe oltre un anno, fino alle elezioni di giugno 2018. «Chi andrà a battere i pugni a Roma?», avverte Brucchi, «con il commissariamento il nostro territorio cadrebbe nel baratro». Sono questi i temi, insomma, che dovranno animare il confronto con gli alleati nei prossimi venti giorni. «Ci sono decisioni importanti da prendere per il bilancio, la gestione dell'emergenza ancora in corso, la ricostruzione da avviare, gli interventi sulle scuole. i commercianti in difficoltà», conclude il sindaco dimissionario, «tutto il resto viene dopo, a cominciare da quanti e quali saranno gli assessori: non può essere questo il problema».

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