Brucchi: Pescara non avrà Teramo

Il sindaco annuncia che chiamerà tutti i primi cittadini dell’area vestina per proporre loro di lasciare il capoluogo adriatico

TERAMO. «Pescara non avrai Teramo» esclama Maurizio Brucchi che cavalca la sfida del campanile e annuncia la mossa chiave: contatterà, uno per uno, i sindaci dell’area vestina, a cominciare dal primo cittadino di Penne. Proporrà loro di lasciare la città di D’Annunzio per tornare nella provincia che ha dato il nome all’Abruzzo.

I giochi non sono ancora fatti: secondo il sindaco Brucchi è ancora possibile evitare, in limine litis, la scomparsa di Teramo che «Non andrà né con Pescara né con l’Aquila», afferma.

Ma cosa ha Teramo in più di Pescara?

«Con tutto il mio rispetto per il collega Luigi Albore Mascia, Teramo ha una storia che Pescara non ha. Ha anche una posizione geografica più strategica perché siamo il baricentro tra l’Abruzzo e le Marche, cioè la regione che da sempre cammina più veloce di noi».

Basta questo per evitare che Teramo scompaia?

«La mia città e la mia provincia hanno anche altri pregi che Pescara non possiede. Diciamo che la bilancia dell’economia pende dalla parte di Teramo: Pescara non ha un’area industriale come la nostra Val Vibrata che è la seconda d’Abruzzo dopo la Val di Sangro e che dev’essere rilanciata.

Anche il sistema bancario abruzzese, tra luci ed ombre, è teramano. Del resto la Caripe è di proprietà della Tercas, per non parlare del divario, a livello regionale, tra il peso politico della mia città e quello che attualmente ha Pescara. Più che un divario c’è un abisso».

Questi, secondo lei, sono i pregi di Teramo. Ma perché non vuole anche dire quali sono i difetti di Pescara?

«Perché domani vorrei andare allo stadio a vedere l’Inter senza essere contestato.

Scherzi a parte ci tengo a mantenere un buon rapporto con il mio amico Albore Mascia. Ma a chi propone di unirci con Pescara, per evitare l’annessione all’Aquila prevista dal governo Monti, ripeto che quando nel 1927 nasceva la città del collega Mascia da noi avevamo già vissuto duemila anni di storia».

Torniamo a Bomba, cioè ci spieghi in sintesi la sua proposta approvata, due giorni fa, al vertice di sindaci e parlamentari e che piace anche al governatore Gianni Chiodi.

«Semplice: Teramo, L’Aquila e Chieti, restino province autonome mentre Pescara rinunci alla sua Provincia per diventare però città metropolitana. Per fare ciò occorre che i paesi dell’area vestina tornino a Teramo, mentre Chieti ceda Francavilla e San Giovanni Teatino a Pescara».

E’ sicuro che si possa fare, oppure è una fantaidea?

«La mia proposta non piacerà al governo che però ha deciso di fare un pastrocchio cancellando non solo Teramo, fagocitata dall’Aquila, ma anche Chieti, perché il ruolo di capoluogo spetterà alla città più grande, quindi a Pescara. La mia idea invece salva le identità di tutti e quattro i capoluoghi di provincia. Cosa sono disposto a fare per raggiungere l’obiettivo? Per prima cosa ho deciso di contattare i sindaci dell’area vestina e di proporre a Penne di diventare la seconda città della provincia di Teramo come del resto lo era prima della nascita di Pescara».

Se la sente di dare un consiglio finale ai suoi colleghi di Pescara e dell’Aquila? Una battuta magari anche un po’ provocatoria. Cosa dice a Luigi Albore Mascia e a Massimo Cialente?

«No, guardi, non mi faccia dire frasi provocatorie. Non mi va di parlare di sindaci che si aumentano l’indennità oppure di posti riservati allo stadio. Ai miei due colleghi dico che noi, amministratori in prima linea, dobbiamo lavorare insieme per l’Abruzzo».

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