Centro fecondazione abusivo nell'Asl Teramo: 5 a giudizio

Apertura non autorizzata: citazione diretta per l’ex manager, i direttori sanitari Antelli e Palmeri e i dirigenti medici Magnanimi e Ciarrocchi. Ma sul processo incombe il rischio prescrizione

TERAMO. La procura firma la citazione diretta a giudizio, ma il rischio prescrizione incombe sul processo per il centro di fecondazione assistita dell’Asl che, per l’accusa, sarebbe stato aperto senza autorizzazione. Già, perchè se la prima udienza a carico dei cinque imputati è fissata per il 21 ottobre, il reato si prescrive il primo novembre del 2015. Basteranno tredici mesi per chiudere l’istruttoria dibattimentale e arrivare alla sentenza?

Per ora c’è l’atto di citazione diretta a giudizio dei pm Davide Rosati e Irene Scordamaglia che porta a processo l’ex direttore generale della Asl Giustino Varrassi, il direttore sanitario Camillo Antelli, il direttore medico del presidio ospedaliero Gabriella Palmeri, il direttore del dipartimento materno infantile Goffredo Magnanimi e il responsabile dell’unità operativa semplice dipartimentale di fisiopatologia della riproduzione Francesco Ciarrocchi. Scordamaglia e Rosati (che negli ultimi anni si è occupato delle varie inchieste Asl) contestano a tutti, in concorso, la violazione del Testo unico delle leggi sanitarie. «Perchè», si legge nel decreto di citazione, «attivavano un ambulatorio specialistico- centro per la fecondazione medicalmente assistita, senza che la struttura fosse in possesso della prescritta autorizzazione, di cui alle richiamate norme e della legge 40, delle deliberazioni della giunta della regione Abruzzo numero 591 e del commissario ad acta numero 36, successivamente integrate dal decreto numero 43 del commissario ad acta , relative alla definizione dei requisiti di autorizzazione delle strutture che erogano prestazioni di procreazione medicalmente assistita». La procura, in particolare, contesta che, «senza la predetta autorizzazione dal 1 novembre 2011 al 31 marzo 2012, venivano erogate 738 prestazioni nell’ambito delle attività connesse alla fisiopatologia della riproduzione». Sul caso del centro di fecondazione si è espressa anche la Cassazione. A luglio la Suprema corte ha annullato con rinvio il provvedimento con cui, nel novembre 2012, il tribunale del Riesame aveva dissequestrato il centro. Il dissequestro era stato disposto per la mancanza del cosiddetto “periculum in mora” – la possibilità di reiterazione del reato – in quanto nel settembre 2012 il medico responsabile del servizio aveva deciso e comunicato alla Asl la sospensione temporanea dell’attività inerente la procreazione medicalmente assistita. La procura è andata in Cassazione sostenendo che il provvedimento, arrivato dopo l’intervento dei carabinieri nel reparto, aveva per oggetto solo una parte delle terapie e non era stato in alcun modo stabilizzato dall’intervento degli organi di controllo e gestione della Asl. (d.p.)

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