Cordivari: la crisi non molla ma sappiamo come uscirne

Molte aziende sull’orlo della chiusura: la cassa integrazione straordinaria aumenta «Ma se puntiamo su settori come turismo, edilizia e alimentare ci salveremo»

TERAMO. La crisi, in Abruzzo e in provincia di Teramo, non molla. Il presidente di Confindustria Teramo, Ercole Cordivari, traccia un’analisi “preoccupata” della situazione del sistema produttivo. Ma lascia intravedere uno spiraglio: «con una seria progettualità, investimenti e molta determinazione» possiamo lasciarci la crisi alle spalle.

Cordivari - che ha assunto la presidenza dopo la prematura scomparsa di Salvatore Di Paolo a marzo - ricorda che a livello internazionale la crisi è iniziata nel 2008. «Il nostro territorio è stato colpito più tardi ma, forse proprio per tale motivo, in questa fase avverte in maniera ancora più pesante gli effetti della congiuntura negativa. Ricordo che in molti pensavano che la crisi durasse soltanto un paio di anni e che, al termine, ci sarebbe stata la ripresa. Ma, ad oggi, la ripresa non c'è ancora e la situazione appare sempre più preoccupante», esordisce.

Il presidente illustra i dati della cassa integrazione in provincia ad aprile: 229.297 ore di cassa integrazione ordinaria (585.013 nel 2013), 283.388 di straordinaria(231.825nel 2013), 168.988 di cassa integrazione in deroga(584.558 nel 2013). In totale le ore di ricorso a tutti e tre gli ammortizzatori sociali sono passate da1.401.396 dell’aprile 2013 a681.673 dell’aprile ultimo.«Questi dati, letti in maniera asettica e disinteressata», fa notare Cordivari, «farebbero pensare a una economia locale non in crisi, ma la realtà è totalmente diversa. Alla diminuzione della Cig ordinaria e in deroga, si contrappone un incremento della Cig straordinaria, questo significa che lo stato di crisi di molte aziende provinciali è strutturale e non momentaneo. Aggiungo che la flessione della Cig in deroga è fortemente influenzata dal ritardo nella erogazione delle risorse che, in alcuni casi, sta determinando una situazione di vero disagio sociale».

In provincia sono riuscite a salvarsi «le imprese che hanno avuto la lungimiranza di posizionarsi col proprio prodotto sui mercati internazionali, che hanno investito nell'innovazione e sulla qualità del prodotto. Le imprese che hanno intercettato in anticipo le dinamiche della crisi, hanno schivato il colpo e sono riuscite a superare il momento di difficoltà. In realtà, sono ancora poche le imprese che investono in innovazione, che non significa solo acquisto di nuovi macchinari ma anche e soprattutto ottimizzazione dei processi produttivi, creazione di brevetti e prodotti nuovi, formazione delle risorse umane. Chi si mette fuori da queste direttrici è destinato a scomparire».

Il presidente suggerisce la strada per uscire dalla crisi. «L’economia può ripartire se si mettono in campo veri e propri progetti globali, ossia puntare su un comparto - come può essere il turismo - e intorno ad esso comparto creare vere e proprie filiere. Penso, per esempio, alla filiera agroalimentare. Come è importante che riparta il comparto dell'edilizia altro settore trainante dell'economia provinciale, inteso principalmente come ristrutturazione dell'esistente e non solo, come nel passato, cementificazione. L'edilizia potrebbe fungere da volano anche per altre filiere industriali, ad esempio a quella delle energie rinnovabili. Sono convinto che l'economia della nostra provincia può farcela, ma occorrono tre fattori: nuove progettualità, nuovi investimenti e molta determinazione».

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