Crac Di Pietro e soldi ciprioti Procure speciali a Tancrediacquisite dal pm di Teramo

Soldi da Cipro: entra nell'inchiesta l'atto che dà carta bianca al socio di Chiodi

TERAMO. La procura speciale che permetteva a Carmine Tancredi di gestire la Kappa Immobiliare è già nel fascicolo del pm Irene Scordamaglia. L'atto, che dava al commercialista e socio di studio del presidente della giunta regionale Gianni Chiodi «la più ampa e assoluta discrezionalità» nell'amministrare la società destinatarie dei soldi di Cipro, è entrato nell'inchiesta sul crac Di Pietro. La Kappa Immobiliare insieme alla De Immobiliare Srl erano controllate, per il 99 per cento, da società cipriote, e avevano sede nello studio Chiodi-Tancredi, in piazza Sant'Anna a Teramo.

Le loro quote sono state sequestrate dal giudice, Marina Tommolini, nell'ambito dell'inchiesta sulla bancarotta da 15 milioni. Per l'accusa le due società sono le tappe finali di un fiume di denaro proveniente dai fallimenti di altre quattro società teramane. I soldi venivano portati all'estero e poi fatti rientrare in Italia attraverso un giro di depositi su conti svizzeri, banche inglesi e i sodalizi ciprioti. Sempre secondo la procura quei soldi, sottratti ai creditori, ripuliti anche nel casinò di Campione d'Itlia, sono stati usati per acquistare immobili: due appartamenti nel Qatar e lo stabilimento balneare Lido Atlantic di Roseto. Ma Tancredi resta non indagato. La procura lo ha fatto sentire dalla Finanza come teste.

Le indagini sulla bancarotta però vanno avanti: la procura ha disposto accertamenti bancari sui sette indagati, di cui quattro arrestati. Accertamenti che si aggiungono a due rogatorie internazionali già chieste: una in Svizzera e un'altra in Gran Bretagna. Il pm Scordamaglia, che nei prossimi giorni sentirà un altro indagato, ha disposto nuove indagini delegando la guardia di finanza. Nuovi accertamenti bancari, dunque, per ricostruire con matematica certezza il passaggio dei soldi su conti italiani ed esteri, ma anche per verificare le ricostruzioni fatte da Maurizio Di Pietro e Guido Curti, i due dei quattro imprenditori arrestati ancora in carcere e per i quali il tribunale del Riesame ha respinto il ricorso. Gli stessi qualche giorno fa sono stati risentiti dal pm proprio su loro richiesta.

Fino a questo momento le indagini hanno accertato che quattro società - tutte riconducibili ai Di Pietro, a Curti e alla moglie di quest'ultimo (libera dopo il pronunciamento del Riesame) - sono fallite una dopo l'altra. Una sorta di effetto domino, dunque, accompagnato da uno spostamento di denaro da una società all'altra con sottrazione di soldi ai creditori. Denaro che - per l'accusa - è stato fatto rientrare in Italia attraverso il giro di depositi su conti svizzeri, banche inglesi e due società cipriote: la Dreamport Enterprises Limited e della Ruclesarn Investiments Limited che avevano dato a Tancredi ampi poteri sulla Kappa Immobiliare.

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