D’Alberto: sì al nuovo ospedale  ma solo se migliora le prestazioni 

Il sindaco scrive una lettera aperta in cui non lesina bordate alla governance della Asl. Nel mirino l’esito degli ultimi concorsi da primario, le liste d’attesa e soprattutto l’ingerenza della politica 

TERAMO. Una lettera aperta in cui il sindaco dice la sua su uno dei fulcri della vita della città, e non solo: la sanità. E lo fa non risparmiando critiche all’attuale governance della Asl, ma anche dicendo che è a favore della costruzione del nuovo ospedale, purchè venga dotato di contenuti, cioè di reparti di eccellenza e di attrezzature all’avanguardia. Gianguido D’Alberto – anche come componente del comitato ristretto dei sindaci – anticipa il punto nodale di un incontro che prevede di organizzare con il direttore della Asl Roberto Fagnano.
«Un nuovo ospedale ha un senso se migliora l'offerta complessiva della sanità teramana», osserva D’Alberto, «se invece la realizzazione di un’altra struttura si traduce nella mera sostituzione del Mazzini, senza alcun tipo di miglioramento, allora non ha il minimo senso. Non potremo mai accettare alcun tipo di subalternità, dettata da scelte e interessi politici, nei confronti delle strutture presenti nelle altre province abruzzesi: Teramo ha una struttura e una tradizione sanitaria che oggi consentono al nostro ospedale di non avere nulla da invidiare ai plessi presenti negli altri comuni capoluogo di provincia della regione. A questo si aggiunga anche una valutazione di tipo logistico, che tenga conto della posizione geografica di Teramo, della conformazione del nostro territorio, della rete di infrastrutture che talvolta inevitabilmente finiscono per rendere difficoltosi i trasporti. Per questi motivi, e non per campanilismo, la direzione da seguire non può essere quella di dismettere o disinvestire in alcune specialità; piuttosto è necessario incrementare e migliorare l’esistente, in modo da poter rientrare in quei parametri che le recenti riforme sanitarie fissano per avere sul nostro territorio un ospedale di secondo livello. Ed è proprio la presenza di un ospedale di secondo livello sul nostro territorio che deve costituire l’obiettivo principale, per perseguire il quale invito i sindaci dell’intera provincia ad una azione comune per superare ogni campanilismo che, con il gioco dei veti incrociati, rischierebbe di impedire un riordino ed una riqualificazione complessiva sostenibile dell’offerta sanitaria provinciale. Allo stesso modo, però, l’ospedale inteso come struttura fisica rappresenta solo lo scheletro da riempire. E quindi vorrei capire come mai la Asl di Teramo ad oggi sia l’unica in regione a non aver ancora approvato in via definitiva il proprio atto aziendale: con l’assenza di linee programmatiche risulta complesso capire in che direzione si stia andando e quali siano le priorità di intervento da parte dell’azienda».
D’Alberto parla poi della tendenza, invalsa negli ultimi anni, a sostituire la politica sanitaria con la «politica della sanità, considerata come mezzo e pretesto per costruire, consolidare o far nascere carriere e identità politiche, per garantirsi un bacino elettorale. Occuparsi di salute e di sanità non può in alcun modo significare trasformare i corridoi degli uffici Asl in luoghi della transazione, della mediazione tra schieramenti, gruppi e partiti». Ritiene «incomprensibile che ci siano direttori di dipartimento amministrativi in numero maggiore di quelli sanitari; così come è incomprensibile che alcuni direttori, sanitari o amministrativi, possano conservare spesso il proprio ruolo ben oltre i limiti temporali consentiti. Ciò rischia solamente di alimentare possibili potentati, mentre ritengo sia indispensabile e ineluttabile riposizionare al centro l’utente, il cittadino, il malato».
C’è poi la questione dei recenti concorsi da primario. Molti sono stati vinti da professionisti non teramani che hanno superato «una dirigenza che ha operato in questi anni nei presidi ospedalieri, non di rado anche in condizioni di difficoltà, bocciata interamente nei recenti concorsi; non si tratta di semplice partigianeria territoriale, a difesa della “teramanità” di alcuni candidati, quanto piuttosto la perplessità e la volontà di comprendere il perché non vi sia stata la lungimiranza di far crescere una “scuola teramana” competente e ricca di esperienza, già verificata negli ultimi anni. Sorprende, al contrario, il vedere che troppo spesso Teramo è stato utilizzato come trampolino di lancio per altri lidi». D’Alberto inoltre giudica «inaccettabile» la situazione delle liste di attesa e l’alta mobilità passiva cioè il ricorso ad altri ospedali fuori provincia.
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