Da Teramo alla Spagna per salvare l’asino mammut

L'asino di Martina Franca rischiava l'estinzione: ne restavano 135 esemplari. I docenti della facoltà teramana di veterinaria fanno incrociare la razza pugliese con la spagnola e salvano la specie

TERAMO. Dai trulli pugliesi a Teramo, e poi fino in Spagna per salvare dall'estinzione il pregiato asino di Martina Franca. Un'avventura sposata dal dipartimento di scienze cliniche veterinarie della facoltà di Medicina Veterinaria di Teramo che sta contribuendo a rinsaldare una delle razze più famose al mondo, originaria delle Murge e particolarmente ricercata per le sue caratteristiche fisiche. E' infatti uno degli asini più grandi e robusti - soprannominato per questo l'asino "mammut" - usato da sempre per la produzione di ottimi muli e in generale per migliorare la specie. Una razza sempre più debole a causa della consanguineità che lega le 120 femmine e i 15 esemplari maschi rimasti.

Per salvare la specie l'assessore alle Politiche agricole della Regione Puglia, Dario Stefano, ha lanciato un appello al dipartimento teramano, guidato dal professor Augusto Carluccio che da oltre 12 anni studia la riproduzione dell'asino. «Ci hanno affidato questo progetto di durata biennale per il quale hanno stanziato 90mila euro», spiega il docente, «così siamo andati in Puglia e abbiamo selezionato una gruppo di asine che abbiamo poi portato nella nostra tenuta di Chiareto gestita dalla Fondazione. Poi siamo volati in Spagna, all'università autonoma della Catalogna di Barcellona che ci ha messo a disposizione la materia prima maschile».

Per far riprodurre le asine e rinforzare così la specie sono stati scelti infatti degli asini di razza catalana. Razza che, ai tempi della dominazione spagnola, si era già incrociata con quella di Martina Franca, "rinsanguando" come si dice in gergo, la specie. A farlo accadere di nuovo ci ha pensato stavolta la scienza. Lo staff di ricercatori teramani ha prelevato del materiale seminale dagli asini spagnoli con il quale ha poi inseminato le asine scelte per l'esperimento. I primi undici asinelli - nati in diretta in un box dotato di telecamere che ha consentito agli studenti di assistere - sono venuti alla luce a luglio mentre i prossimi sono attesi per il 2012. I nuovi esemplari saranno presto riportati in Puglia e valutati per un periodo di 30 mesi per capire, in sostanza, se la razza si è riprodotta in modo corretto. E poi che fine faranno? «A differenza di quanto si può pensare l'asino è un animale che ha subito una grossa rivalutazione», spiega il professor Carluccio, «ad esempio per la produzione di latte di asina, molto richiesto perché quasi simile per caratteristiche a quello materno. Ma gli asini sono anche utilizzati in molte zone di montagna come animali da lavoro e anche per la pet teraphy grazie al loro carattere docile».
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