De Sanctis: «Mi salvai con una frase in dialetto»

Scampato all’eccidio nazista di 8 teramani torna nel luogo della fucilazione nell’anniversario della liberazione, ma la Provincia diserta la commemorazione

TERAMO. «Quando chiudo gli occhi rivedo sempre quelle persone, eravamo andati a scuola insieme». Dante De Sanctis ricorda ogni giorno gli otto teramani uccisi dai tedeschi davanti alla ex caserma Rossi, a fianco al santuario della Madonna delle Grazie, il 13 giugno del 1944. Ieri, nel 69° anniversario della liberazione della città dai nazifascisti, è tornato sul luogo dell'eccidio che insanguinò l'ultimo giorno di occupazione. Dante, che oggi ha 85 anni, ricorda le vittime, quasi tutte giovani e alcune all'epoca adolescenti come lui. «Non stavamo facendo nulla di male», racconta, «ero entrato nella caserma abbandonata per cercare un cuscinetto che avrei utilizzato per realizzare un manufatto». All'interno dell'edificio, ormai privo di controllo, fu sorpreso e fermato insieme ai suoi compagni da un soldato tedesco. Nell'attesa di un secondo militare che aveva rastrellato altri cittadini nella zona della stazione, gli fu provvidenziale un attimo distrazione del loro controllore. «Passarono una donna e un ragazzino della mia età che tiravano un carretto con grano appena macinato», ricorda Dante, «mi chiamarono e mi chiesero cosa stessi facendo là». La risposta istintiva di De Sanctis di fatto gli salvò la vita. "Me tè na fame", disse in dialetto alla donna e al ragazzo, che lo invitarono ad andare con loro. Dante, non visto dal militare, si mise a spingere il carretto e appena si sentì fuori pericolo corse verso casa, in via del Baluardo. Nessuno, neppure i prigionieri rimasti sul posto, poteva immaginare quello che sarebbe successo da lì a qualche minuto. «Ero rientrato da poco quando sentii una scarica di mitraglia», racconta De Sanctis, «ma pensai che erano i partigiani». Subito dopo, però, si sparse la voce che i tedeschi avevano ucciso otto persone vicino alla caserma. «Rimasi senza parole», ricorda, «non avevano fatto nulla di male». Dante si affacciò alla finestra e vide che uno dei due tedeschi, compiuto l'eccidio, si avviava verso il bordello di circonvallazione Ragusa. Si rese conto di essere vivo per miracolo. «E' stata la Madonna delle Grazie», conclude.

Ai piedi della lapide che ricorda i nomi dei cittadini uccisi in quel tragico 13 giugno del '44 i rappresentanti dell'Anpi, l'associazione dei partigiani, delle associazioni combattentistiche e delle forze dell'ordine hanno deposto ieri una corona d'alloro. Per il Comune era presente l'assessore Giorgio D'Ignazio con la fascia tricolore, mentre è risultata assente la Provincia. Lo stesso gesto simbolico, alla presenza dei familiari delle vittime e dei partigiani Mario De Nigris e Salvatore Tirabovi, è stato ripetuto davanti alla lapide di piazza Orsini che ricorda i caduti teramani della Resistenza. «Teramo ha dato un grande contributo alla lotta di liberazione», ha sottolineato l'ex senatore Antonio Franchi, presidente provinciale dell'Anpi, «la memoria non va perduta». Il 25 settembre sarà celebrato il 70° anniversario della battaglia di bosco Martese a cui è stata invitata Laura Boldrini, presidente della Camera.

Gennaro Della Monica

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