False assunzioni nell’impresa edile fallita

Truffa allo Stato con 9 indagati: così ottenevano illegalmente dai 5 agli 11mila euro per disoccupazione e maternità

TERAMO. Il racket sulla pelle degli extracomunitari in cerca di permessi di soggiorno crea business. Soprattutto quando la crisi ingoia imprese e posti di lavoro, stravolgendo economie e vite. Succede tra la Val Vibrata e Ascoli, in quel fazzoletto di terra al confine tra due province un tempo conosciuto perchè sede di decine di aziende leader nel tessile di cui oggi restano solo capannoni vuoti.

L’inchiesta della procura scopre un sistema collaudato dove un ragioniere esperto preparava documenti e un imprenditore fallito metteva a disposizione la sua impresa edile per fare assunzioni a decine di immigrati che rischiavano di scivolare nella clandestinità. Grazie a quegli atti, gli stranieri disoccupati potevano chiedere il rilascio del permesso di soggiorno, così come prevedono le norme della legge Bossi-Fini. Ma quell’impresa edile, in realtà, non esisteva più da anni. Non solo finte assunzioni per assicurarsi permessi di soggiorno, ma anche finti licenziamenti per garantirsi il pagamento di lunghi periodi di disoccupazione e, in alcuni casi, di maternità.

Nel fascicolo del sostituto procuratore Stefano Giovagnoni ci sono nove indagati: a tutti è contestata la truffa ai danni dello Stato visto che, secondo l’accusa, avrebbero percepito le indennità degli ammortizzatori sociali senza averne diritto, mentre l’imprenditore e il ragioniere, quest’ultimo già coinvolto in passato in altre indagini sui permessi di soggiorno, devono rispondere anche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Rischiano di essere accusati anche di falso in atto pubblico commesso da privati per trarre in inganno pubblici funzionari. E’ ipotizzabile, anche se su questo non ci sono ancora certezze e riscontri, che i due fornissero i falsi contratti dietro pagamento degli immigrati.

Nel corso delle indagini, andate avanti per mesi, i carabinieri, su delega della procura, hanno acquisito centinaia di documenti, soprattutto buste paga e contratti di assunzione. Documenti all’apparenza perfetti. Ma un attento esame e l’incrocio dei dati forniti hanno fatto emergere incongruenze e irregolarità: false buste paga intestate alla ditta fallita, autorizzazioni per percepire indennità di disoccupazione e maternità. Le indennità intascate vanno dai 4mila ai 5 mila euro, passando anche a somme di 11mila euro. Sarà difficile recuperarle. Il business dei falsi permessi di soggiorno si muove tra sanatorie e flussi migratori, scoprendo sempre nuovi escamotage.

Non è la prima volta, infatti, che, soprattutto in Val Vibrata, la procura porta allo scoperto situazioni di illegalità che trovano linfa proprio negli extracomunitari in cerca di permessi di soggiorno. L’anno scorso un’altra maxi inchiesta ha portato alla denuncia di un centinaio di persone: anche in questo caso false assunzioni come badanti e lavoratori stagionali per poter ottenere la regolarizzazione. E in Val Vibrata qualche anno fa c’è stato lo scandalo dei falsi permessi ai cinesi attraverso contratti di affitto fittizi. Una maxi inchiesta che si è conclusa con il rinvio a giudizio di quaranta persone tra cui commercialisti, vigili urbani e amministratori comunali. Per loro il processo inizierà a maggio.

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