Foto scattate prima dell'attentato

Testimone vede un giovane riprendere l'auto del giudice Tommolini

MARTINSICURO. Un primo fascio di luce illumina la scena del crimine, ma le zone d'ombra restano ancora tante. Il giorno dopo il doppio attentato a giudice e carabiniere a Martinsicuro, le indagini premono sull'acceleratore per dare un nome a chi all'alba di sabato ha cosparso di benzina le auto private del gip del tribunale di Teramo Marina Tommolini e del maresciallo del reparto operativo Spartaco De Cicco. Agli investigatori bastano poche ore per scoprire che meno di un mese fa un giovane uomo si è intrufolato nel cortile-parcheggio del palazzo di via Colombo, quello in cui abita il magistrato.

I vicini ricordano di averlo visto scavalcare e girare intorno alla macchina del giudice che quel giorno era parcheggiata. Ricordano anche che lo hanno visto armeggiare con un telefonino: forse per scattare foto e girare filmati probabilmente all'Audi A6 del gip. Un sopralluogo prima del colpo? Gli investigatori non si sbilanciano, ma è evidente che la pista di un attentato studiato da tempo prende sempre più corpo nelle prime testimonianze raccolte. All'epoca qualcuno aveva segnalato la presenza sospetta di quel giovane, ma evidentemente nessuno poteva immaginare il rogo che sarebbe scoppiato qualche settimana dopo.

Chi ha agito ha preordinato ogni gesto, ogni movimento. «Roba da professionisti» ripetono i carabinieri che indagano. Professionisti che hanno agito in simultanea in via Colombo e via Brescia. E chi ha acceso i roghi ha evitato accuratamente di lasciare tracce di inneschi nelle due strade poco distanti l'una dall'altra: molto probabilmente proprio per evitare che si potesse risalire a qualcosa o a qualcuno. Oggi, intanto, il caso approda all'esame del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica convocato in prefettura.

LE PISTE. La pista privilegiata resta quella legata a qualche indagine particolare, qualche inchiesta recente o vecchia che porta la firma del magistrato (che potrebbe aver firmato delle ordinanze di custodia) e del maresciallo. Forse anche qualcosa legato da un traffico di droga, anche se i primi riscontri fatti in questa direzione non avrebbero dato i risultati sperati. E i carabinieri ormai da 24 ore frugano nei fascicoli delle indagini del giudice e del maresciallo a caccia di indizi che possano legare ad un solo filo i due attentati. Ma non si tralascia niente: nemmeno qualche recente sentenza di condanna del giudice. Qualche condanna esemplare che potrebbe aver scatenato una vendetta. E all'esame degli investigatori ci sono i fotogrammi di immagini registrate dalle telecamere di alcuni negozi e di alcune abitazioni private di via Colombo e via Brescia. In quei fotogrammi ombre si muovono nella notte e forse c'è anche qualcosa di più su cui poter lavorare. Qualcosa d'importante per inchiodare gli esecutori del gesto. Esecutori che potrebbero portare ai mandanti.

ALTRE REAZIONI. Intano non si fermano le reazioni di solidarietà. «Massima vicinanza e solidarietà al giudice Tommolini e al maresciallo De Cicco», dice Francesco Mastromauro, sindaco di Giulianova, «è un atto grave che vuole minare le fondamenta della democrazia. Uniti dobbiamo respingerlo in maniera decisa. Oggi più che mai le istituzioni si devono stringere per riaffermare il principio della legalità». Anche la federazione provinciale del Partito dei Comunisti esprime solidarietà «condannando fermamente il vile gesto intimidatorio, simbolo di una cultura inaccettabile per ogni società civile. Richiamiamo tutte le istituzioni, le forze politiche, sindacali e dell'associazionismo, a non sottovalutare l'episodio».

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