Garofano: un’esecuzione da criminalità organizzata

L’ex generale del Ris dei carabinieri: «Con i pochi resti che sono stati trovati sarà impossibile stabilire in che modo la vittima sia stata assassinata»

TERAMO. Per quasi 17 anni è stato comandante del Ris di Parma, il raggruppamento investigazioni scientifiche dei carabinieri. Dal caso Cogne alla strage di Erba, dal serial killer Donato Bilancia a tanti altri delitti: il generale in congedo Luciano Garofano, oggi scrittore e volto noto di svariate trasmissioni televisive, è l’investigatore che più di altri ha studiato decine di scene del crimine. In Italia, ma anche all’estero.

Generale, che scena del crimine le sembra quella del delitto dell’artigiano Di Silvestre?

«Gli elementi che ho per valutare, non conoscendo personalmente il caso, mi portano a dire che si può trattare di una esecuzione che nei modi appartiene alla criminalità, a quella organizzata, che non vuole lasciare traccia di quello che è successo. Va detto che i tempi per bruciare un corpo e ridurlo in polvere non sono lunghi. Certo dipende da tante variabili, a cominciare dalle temperature esterne e dal grado di umidità. Con gli idrocarburi, se è stata utilizzata della benzina, i tempi sono molto veloci anche se bisogna sempre vedere l’incidenza delle variabili esterne. La prima parte a sciogliersi è, naturalmente, la pelle, che viene distrutta in poco tempo. Nell’arco di 5 minuti tutti i livelli di derma vengono consumati. A questo punto la parte sottostante è allo scoperto ed è qui che il fuoco trova nuovo carburante: il grasso. Poi le fiamme scendono sempre più in profondità e aggrediscono i muscoli. Alla fine, rimangono solo le ossa e i denti, che resistono fino a quando tutti i tessuti sono stati consumati e, quindi, fino a quando il fuoco non si spegne per mancanza di materiale infiammabile».

In questo caso lei ritiene che sarà possibile scoprire in che modo è avvenuto l’omicidio?

«Quando si hanno a disposizione così pochi resti è molto difficile, quasi impossibile. E’ possibile riuscire a capirlo solo se sui resti di ossa o di denti ci sono segni di intaccature, di polvere da sparo. Ci devono essere delle evidenze particolari che, una volta individuate, possono svelare tante cose. Ma è evidente che quando si hanno a disposizione così pochi elementi riuscire a individuare le modalità con cui la vittima è stata uccisa diventa veramente difficile, a volte quasi impossibile».

Generale, sono più i delitti insoluti o quelli risolti?

«Spesso si parla solo dei casi irrisolti, ma in Italia oggi sono sempre di più i casi che vengono risolti. I progressi scientifici fatti negli ultimi tempi, che sono davvero tanti, aumentano molto i successi nella soluzione dei casi. Si pensa che nella realtà funzioni come nelle serie poliziesche dove le indagini finiscono subito, ma la realtà spesso è un’altra cosa».(d.p.)

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