Gasdotto esploso, subito stop al processo 

L’udienza si apre davanti al tribunale collegiale, ma il reato è di competenza del giudice monocratico. Si riparte da capo

TERAMO. Il reato contestato è di competenza del giudice monocratico, ma per una svista è finito sul tavolo del collegio. E’ quanto accaduto al fascicolo relativo all’esplosione del metanodotto Snam a Pineto, con il giudice Flavio Conciatori che ieri mattina, dopo aver rilevato l’errore nel corso della prima udienza davanti al collegio (a latere Lorenzo Prudenzano ed Enrico Pompei), ha disposto la trasmissione del procedimento al presidente del tribunale «per l’assegnazione secondo le tabelle». Di fatto, dunque, l’apertura del processo è slittata ad una nuova data, ancora da decidere, davanti al giudice competente e di fronte al quale compariranno 18 persone tra responsabili tecnici e amministrativi di Snam Rete Gas, tutti accusati di disastro colposo.
L'esplosione del tratto di metanodotto era avvenuta nel marzo 2015 in occasione di una frana che si era verificata dopo due mesi di costanti piogge in un’area classificata a moderato rischio idrogeologico, con la Procura che al termine delle indagini aveva chiesto il rinvio a giudizio degli imputati rilevando tutta una serie di presunte inadempienze. Sotto accusa, in particolare, le modalità con cui nel 2010 furono realizzati alcuni lavori di messa in sicurezza di quel tratto di metanodotto. Secondo la Procura, infatti, fin dal 2008, le costanti attività di monitoraggio svolte dalla società sulle tubature avrebbero messo in luce come la condotta, nella parte successivamente esplosa, si fosse alzata di circa 26 centimetri rispetto al 2001. Un aspetto che, per l'accusa, avrebbe evidenziato uno stato di tensione del tubo legato ai movimenti del terreno e rispetto al quale l'azienda aveva programmato una serie di interventi. Questi vennero realizzati nell'estate del 2010, con l'obiettivo di ridurre lo stato di tensione, ma all'atto pratico (sempre secondo la Procura) sarebbero stati fatti in maniera difforme a quanto preventivato. Tra le contestazioni, in particolare, la mancata realizzazione di un sistema di drenaggio delle acque, giustificata con il fatto che all'atto degli scavi, nel mese di agosto, non era stata rilevata presenza di acqua. Nel capo di imputazione, inoltre, viene contestato come nonostante già nel 2008 fossero state evidenziate due deformazioni della condotta, le corde estensimetriche che avrebbero dovuto consentire un attento monitoraggio della situazione rispetto ai movimenti del terreno sarebbero state posizionate in maniera errata. Allo stesso modo, per l'accusa, sarebbe stata valutata in maniera sbagliata la natura della deformazione scoperta lungo il tratto interessato e sarebbe mancata la predisposizione, da parte dell’azienda, di ulteriori misure atte a controllare i movimenti del terreno come l’installazione dei piezometri. Aspetti che, in occasione della frana di marzo 2015, avrebbero portato all’esplosione del tratto interessato. Nel corso dell’udienza preliminare il pm Silvia Scamurra, titolare del fascicolo, aveva chiesto il non luogo a procedere per alcuni dei 18 responsabili Snam finiti a processo. Ma il gup aveva deciso il rinvio a giudizio per tutti.
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