delitto della stazione, tocca ai carabinieri del ris 

Ha assassinato il padre: al via l’esame sui reperti

TERAMO. È fissato per questa mattina nella sede dei carabinieri del Ris di Roma l’inizio degli accertamenti irripetibili sui reperti sequestrati per l’omicidio di Mario Di Rocco, l’ex capostazione di...

TERAMO. È fissato per questa mattina nella sede dei carabinieri del Ris di Roma l’inizio degli accertamenti irripetibili sui reperti sequestrati per l’omicidio di Mario Di Rocco, l’ex capostazione di 83 anni accoltellato dal figlio Francesco nel mese di novembre. Accertamenti irripetibili, quindi nel contraddittorio di tutte le parti, disposti dalla Procura (pm titolare del fascicolo Monia Di Marco) su coltello, vestiti e altri oggetti sequestrati nell’appartamento sopra la stazione ferroviaria in cui si è consumato il delitto.
L’autopsia ha accertato che il 49enne Francesco (assistito dall’avvocato Federica Benguardato) ha inferto al padre 92 coltellate tra la parte alta dell’addome, collo e volto. L’anziano, secondo la ricostruzione che emerge dall’autopsia, ha provato a difendersi così come testimoniato dai tanti segni sulle mani protese in avanti e ha tentato di allontanarsi cercando di trovare riparo in un altro angolo della stanza. L’anziano, inoltre, sempre secondo la ricostruzione dell’autopsia, avrebbe cercato anche di bloccare il figlio afferrando il coltello con una mano (così come desumibile proprio da alcune ferite riscontrate sul palmo). Secondo l’autopsia 92 coltellate, di cui 74 al volto, inferte con una violenza tale da piegare la sommità della lama.
Quella sera a chiamare i soccorsi fu lo stesso figlio con una telefonata fatta al 118. E fu sempre il figlio a consegnare il coltello ai carabinieri, coltello lavato sotto l’acqua e rimesso nella sua custodia da cui era stato sfilato prima della mortale aggressione. Di Rocco, studente di medicina veterinaria fuori corso, durante l’udienza di convalida, al giudice ha detto che non voleva uccidere il padre e di aver preso il coltello in un momento di rabbia dopo l’ennesimo litigio perché esasperato dall’atteggiamento definito «opprimente» dell’anziano genitore che nel corso dell’interrogatorio ha definito «un padre padrone».(d.p.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA.