I dati dei cellulari smentiscono i Santoleri 

Secondo l’accusa alcune celle telefoniche avrebbero agganciato gli apparecchi di padre e figlio in una zona fuori Giulianova 

GIULIANOVA. Le prime certezze tecniche di un’indagine complessa diventano elementi d’accusa in mano alla Procura. Nel giallo della pittrice Renata Rapposelli, la 64enne chietina trovata senza vita in una scarpata di Tolentino ad un mese dalla scomparsa da casa, entrano i primi importanti risultati degli accertamenti su alcune celle telefoniche che avrebbero agganciato i cellulari di Giuseppe e Simone Santoleri, ex marito e figlio della donna indagati per concorso in omicidio e occultamento di cadavere. Una traccia censita in una zona ben precisa, fuori da Giulianova e che, secondo gli investigatori, porterebbe a smentire alcune ricostruzioni fatte dai due uomini sulla loro presenza in quell’area. Una novità su cui, è evidente, per ora c’è il massimo riserbo.
Perchè in un’indagine complessa come quella di un omicidio ogni tessera deve trovare il suo posto nel puzzle della ricostruzione di movente e dinamica. Lo sanno bene investigatori e inquirenti che ormai da tre mesi cercano la chiave del giallo della morte della donna. Una chiave che potrebbe essere proprio nelle celle telefoniche che, così come succede sempre più spesso, diventano importanti alleati di chi indaga. Sono stati sempre gli accertamenti tecnici a fissare sul treno l’ultima traccia di Renata. Le celle telefoniche che si trovano lungo la linea ferroviaria Ancona-Giulianova quel 9 ottobre, giorno della scomparsa della donna, hanno tutte agganciato il telefono cellulare della pittrice. Ennesima conferma del fatto che la donna è arrivata nella cittadina rivierasca teramana dove doveva incontrare l’ex marito.
I risultati di questi accertamenti si aggiungono a quelli che già da tempo sono nelle mani degli investigatori e che dicono che il telefonino della donna è diventato irraggiungibile dopo aver agganciato la cella telefonica della stazione ferroviaria di Giulianova. Da quel giorno nessuno ha avuto più notizie di Renata Rapposelli, fino ad un mese dopo quando il suo cadavere è stato ritrovato in una scarpata di Tolentino. La Procura di Ancona (competente per territorio dopo che gli amici della donna hanno presentato la denuncia di scomparsa proprio nella città dorica dove la pittrice viveva dopo la separazione dal marito) ha aperto un fascicolo per omicidio e occultamento di cadavere e con queste ipotesi di reato ha indagato l’ex marito e il figlio. I due uomini continuano a ripetere che quel 9 ottobre Giuseppe ha accompagnato Renata fino a Loreto e qui l’ha lasciata. Ma ormai appare chiaro che gli inquirenti siano convinti che quel viaggio in auto verso Loreto non ci sia mai stato. A insinuare dubbi sulla ricostruzione fatta da padre e figlio ci sono soprattutto le dichiarazioni di una farmacista di Tortoreto: la donna ha raccontato che quel 9 ottobre Renata è entrata nella sua attività per chiedere un calmante. Erano circa le 17, quindi tre ore dopo rispetto all’indicazione data da Giuseppe e Simone che sostengono di aver riaccompagnato la donna a Loreto intorno alle 14.
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