Il Comune chiede la Tarsu per una casa semidiroccata

Campli, riceve un conto da più di duemila euro per una presunta evasione Di Ferdinando: «Ma nell’abitazione non ci sono nè luce, nè acqua, nè gas»

CAMPLI. Per il Comune di Campli ha evaso, dal 2008, il pagamento della tassa sui rifiuti. Peccato che la casa a cui è correlata la tassa sia praticamente in abbandono, praticamente inabitabile.

E’ quanto accaduto ad F.M. signora di Teramo che ha ereditato una casa dal padre. «F.M. è proprietaria dei diritti reali sull’appartamento dal giugno 2012», spiega Pasquale Di Ferdinando dell’associazione di consumatori “Robin Hood”, «prima aveva solo la nuda proprietà mentre l’usufrutto era del padre». La donna si è vista recapitare un conto di 2.008 euro dal Comune di Campli: 1.500 euro per il mancato pagamento della Tarsu, più le sanzioni. «Un errore macroscopico, intanto perchè qualora dovesse pagare, come erede non dovrebbe versare le sanzioni», aggiunge Di Ferdinando, «ma il nodo della questione è un altro. La casa in questione era senza luce, senz’acqua e senza gas, circostanza certificata da Enel e Ruzzo, che hanno distaccato all’epoca i contatori. Il contratto per il gas non è stato proprio stipulato, non esiste l’impianto. Ma risulta esserci una testimonianza qualcuno che ha detto che abitava lì nel 2010».

F.M. racconta che invece la casa era disabitata già del 2002. Così ha segnalato al Comune di Campli che è impossibile vivere senza luce, acqua e gas in una casa, a meno di tornare indietro di almeno cinquant’anni. «La circolare del ministero», incalza il responsabile di “Robin Hood”, «precisa che uno degli elementi per individuare la tassazione dell'immobile è se non ci sono utenze. La signora ha fatto presente al Comune più volte questa circostanza, ma non ha avuto risposte. Probabilmente nessuno ha fatto dei sopralluoghi: anche lo stato dell'immobile, in decadenza, fa capire che non è così». Ed ecco che F.M. ora si trova a dover sborsare più di duemila euro.

«La cosa triste è che anche di fronte all'evidenza, il cittadino debba lottare per far valere un proprio diritto», conclude Di Ferdinando, «anche di fronte a tale evidenza la burocrazia con i paraocchi va avanti. E visto che si può chiedere al soggetto che ha emesso l'atto di annullarlo in autotutela, noi chiediamo questo al Comune». Il passo successivo è fare domanda anche alla commissione tributaria che però ha costi per l'utente. (a.f.)

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