"Il divieto di fare cortei non è assoluto"

Il prefetto spiega la zona rossa: «L'ho decisa perché i cittadini erano preoccupati»

TERAMO. Sarà il Tar a valutare la legittimità dell’ordinanza prefettizia emanata lo scorso 23 dicembre che vieta le manifestazioni di dissenso nei punti più frequentati del centro storico. Se il prefetto Eugenio Soldà non la revocherà o almeno non la modificherà radicalmente, infatti, il centrosinistra cittadino si rivolgerà al tribunale amministrativo.

Nel tardo pomeriggio di ieri c’è stato l’incontro tra i partiti della coalizione per concordare le iniziative destinate a evidenziare l’illegittimità del provvedimento finito al centro della contestazione. Il ricorso al Tar non si può dare ancora per certo. I rappresentanti delle forze del centrosinistra, infatti, aspetteranno la riunione chiarificatrice prevista per domani proprio con il prefetto. Se però dal confronto non emergeranno i risultati che il centrosinistra si aspetta, l’unica strada da percorrere per ottenere la cancellazione dell’ordinanza sarà quella del ricorso al Tar.

Per i partiti della coalizione sono state tutt’altro che sufficienti le rassicurazioni fornite per ora dallo stesso Soldà. Il prefetto ha chiarito che in centro non è stata istituita una “zona rossa” inviolabile e che le richieste per manifestazioni saranno valutate volta per volta dalla autorità.

«Questo è già stabilito dalle norme di pubbblica sicurezza », sottolinea Filippo Torretta, segretario comunale di Rifondazione comunista, «resta il fatto che il prefetto ha emesso un provvedimento in cui testualmente vieta le manifestazioni di dissenso e protesta».

Per il Prc, che nella propria sede ha ospitato sabato scorso il funerale della democrazia organizzato dal gruppo “Azione antifascista”, Soldà non deve far altro che cancellare la propria ordinanza del 23 dicembre.

«Il testo non è ben fatto», afferma Sandro Santacroce, capogruppo del Prc in consiglio comunale, «è mancata del tutto la concertazione con le forze politiche». Proprio la consultazione di queste ultime è indicata come necessaria nella direttiva del ministro dell’Interno Roberto Maroni, da cui l’ordinanza contestata trae ispirazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA