Il legale del Tunisino ucciso ad Alba: "Il fratello ha visto, ora parli"

L'avvocato del giovane ucciso dal carabiniere si appella all’uomo in fuga: mi ha telefonato, gli ho detto di andare dal pm

TERAMO. Lo ha sentito telefonicamente, ma non sa dove sia. La sua certezza è che lui è l’unico testimone oculare «e per questo l’ho invitato a presentarsi in procura per raccontare quello che è successo». Quello che è successo è la morte del tunisino ucciso da un colpo di pistola esploso da un carabiniere, il testimone è il fratello della vittima ormai in fuga da quel drammatico pomeriggio di dieci giorni fa e a parlare è l’avvocato Umberto Gramenzi.

A circa due settimane dalla sparatoria di Alba Adriatica, il legale della vittima mette insieme nuovi tasselli di una vicenda che per ora ha due punti fermi: la traiettoria del colpo sparato dall’alto verso il basso (così come stabilito dall’autopsia) e l’ipotesi di eccesso colposo di legittima difesa che il sostituto procuratore Davide Rosati ha contestato al militare.

Dice Gramenzi: «Gamal Hadyl è il fratello della vittima, è l’uomo che la sera del fatto era con lui in casa e che poi si è allontanato. Mi ha chiamato al telefono, mi ha detto che si è spaventato per quello che è successo ed è scappato. Io gli ho chiesto di presentarsi in procura per raccontare quello che ha visto nell’interesse di tutti. Lui è l’unico testimone oculare e quindi la sua versione può essere di estrema importanza nella ricostruzione di questa vicenda». E aggiunge: «Noi riponiamo la massima fiducia nell’attività d’indagine che sta portando avanti la procura e proprio per questo non abbiamo ritenuto opportuno nominare alcun consulente».

leggi anche: Alba Adriatica, carabiniere spara e uccide Tragico epilogo di una colluttazione tra il militare e l'uomo armato di coltello. In casa sarebbero stati trovati trecento grammi di cocaina. L'altro tunisino, nel trambusto, ha fatto perdere le sue tracce

Intanto nei prossimi giorni arriveranno in Italia i genitori di Akim Hadyl, 37 anni, conosciuto alle forze dell’ordine per questioni di droga, morto dissanguato dopo essere stato raggiunto dal colpo di pistola. Una tragedia consumata in pochi minuti all'interno di un palazzone sul lungomare Marconi durante un blitz antidroga. Un'operazione di routine per i carabinieri che da tempo tenevano sotto controllo il tunisino. Alla sua abitazione erano arrivati grazie a delle soffiate di informatori che avevano confermato i sospetti che quell'appartamento fosse diventato un punto di riferimento per i tossicodipendenti del posto.

Ad intervenire due militari in borghese, così come in tutte le operazioni di questo tipo, con una pattuglia del nucleo radiomobile in appoggio e pronta ad intervenire per ogni evenienza. Quando i militari hanno bussato alla porta dell'appartamento di certo non si aspettavano la reazione dei due stranieri che si trovavano all’interno. Il tunisino alla vista dei militari avrebbe prima cercato di spingerli indietro maneggiando un grosso coltello da cucina con cui avrebbe cercato di sferrare dei fendenti. E solo a quel punto dalla pistola del brigadiere sarebbe partito il colpo mortale. Un colpo sparato dall'alto verso il basso, con l'obiettivo di spaventare il tunisino, e che dopo aver attraversato la porta lo avrebbe raggiunto alla coscia centrando l'arteria femorale. A quel punto, mentre il fratello presente nell'appartamento si sarebbe allontanato approfittando del trambusto, i militari hanno chiamato i soccorsi che si sono però rivelati inutili.

Una dinamica, quella raccontata dai carabinieri, che avrebbe trovato piena conferma nella prima ricostruzione dei fatti tanto che la procura, almeno per il momento, non ha ritenuto necessario chiedere una perizia balistica.

Nell'appartamento sono stati rinvenuti un bilancino di precisione e delle banconote da 20 euro false, mentre la droga, circa 150 grammi di eroina, non è stata ritrovata nell'alloggio ma nell'area antistante la palazzina dove uno dei due stranieri l'avrebbe gettata nel tentativo di disfarsene.

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