Imprese in crisi nel TeramanoIl 30% non farà investimenti

Sondaggio di Confindustria: dati preoccupanti, per tante aziende difficoltà ad accedere al credito

TERAMO. Il 2012 non si apre sotto i migliori auspici per la provincia di Teramo. Il presidente di Confindustria, Salvatore Di Paolo, ritiene "preoccupante" l'andamento dell'economia provinciale. Una valutazione che si basa su un sondaggio fra le imprese associate: 8 su 10 si dichiara pessimista sul futuro. E almeno un terzo non prevede di fare nessun investimento. "Per il 2012 le previsioni sono improntate a un crescente pessimismo, solo il 14% circa delle imprese prevede un miglioramento nel fatturato. Quel che più preoccupa è il rallentamento degli investimenti, addirittura il 30% di imprese non prevede alcun tipo di investimento". Il presidente è preoccupato soprattutto dall'"allarme sul piano finanziario. L'accesso al credito è diventato più costoso e più selettivo, e lo sarà sempre più".

Sul piano finanziario ci sono operazioni a rischio?
"Secondo una indagine della Banca d'Italia, le esposizioni incagliate o in ristrutturazione, a livello regionale ammontano al 7,8% dei prestiti. E' un dato preoccupante anche nel Teramano, dove l'indebitamento delle imprese è aumentato. Per i depositi bancari delle famiglie, sono diminuiti di quasi l'1%".

E gli ammortizzatori sociali?
"La Cig ordinaria è in calo, mentre rimangono elevate le ore autorizzate di cassa integrazione straordinaria (oltre 11 milioni) e in deroga. Il calo della Cig non è da attribuirsi a una ripresa dell'economia, quanto al fatto che le imprese, esaurite le ore di ordinaria e, in assenza di commesse in portafoglio, sono costrette a ricorrere a strumenti alternativi".

Come uscirne?
"Non ho ricette miracolistiche. Posso solo fornire un dato riferito alla nostra associazione: dal 2008 al 2011 sono state chiuse 31 aziende con perdite di circa 2000 posti di lavoro. Di queste 31 imprese, il 37% ha cessato l'attività perché interessato da procedure concorsuali, fallimenti, e altro. Come Confindustria Teramo, un anno e mezzo fa, ci siamo fatti promotori del "Patto per lo sviluppo", sottoscritto da altre associazioni e dai sindacati. Probabilmente, anche per l'aggravarsi della crisi economica, questo tentativo non ha sortito l'effetto che tutti auspicavano, ed oggi noi vogliamo rilanciare con forza questo patto, coinvolgendo in primis la Provincia e le altre istituzioni per riprendere i temi molto sentiti dalle imprese: la produttività, il credito, l'assenteismo, i permessi legge 104 e relazioni industriali".

Perché la legge 104?
"Confindustria Teramo non contesta la legge 104, anzi la ritiene espressione di grande civiltà, ma va migliorata per evitare abusi. Abbiamo verificato che diversi permessi 104 sono stati accordati non per assistere figli portatori di handicap, ma per assistere genitori e altri e ad usufruire dei permessi sono dipendenti che in alcuni casi hanno in famiglia persone che non lavorano. E così la legge, da giusta, diventa penalizzante per le imprese".

Che si può fare per rilanciare la nostra provincia?
"C'è bisogno di atto forte e corale al quale devono partecipare le amministrazioni pubbliche della provincia e le banche. C'è bisogno di un Patto veramente forte che dia ampio respiro soprattutto alle pmi sul versante del credito. Noi chiediamo, ad esempio, che venga concessa una disponibilità a trasformare, nei casi possibili, il debito a breve in debito a medio-lungo termine facendo respirare le imprese. Occorre che in provincia si rilancino gli investimenti sotto due punti di vista: il primo, verso nuove opportunità, specie nelle energie rinnovabili; il secondo stimolando quelle imprese che hanno margini di competitività a ricercare alleanze o aggregazioni per avere più forza sui mercati, specie internazionali. Un'ultima riflessione: nella nostra provincia, ma anche in regione, da anni non si registrano insediamenti di nuove imprese. Anzi, come detto poc'anzi, si sono avute solo cessazioni di attività con perdite di occupazione e di Pil per il territorio. Questo è il vero dramma. Questo è il primo nodo che la classe politica deve sciogliere".

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