In rivolta 50 soci storici della Banca di Teramo

Nasce un comitato soprattutto di imprenditori: sono scontenti del nuovo corso Di Ferdinando: «Decreti ingiuntivi persino a chi vuol rinegoziare micro-debiti»

TERAMO. Nello stesso giorno in cui le dimissioni dell’intero collegio dei sindaci hanno gettato nuove ombre sulla Banca di Teramo, si è costituito formalmente un fronte di soci “dissidenti” con tanto di statuto e adesioni formali che conta circa una cinquantina di membri. Altrettanti pare siano pronti a unirsi contro quella che ritengono «una cattiva gestione del credito portata avanti negli ultimi tempi dall’istituto teramano». A rappresentare il comitato degli scontenti è l’associazione in difesa dei consumatori Robin Hood, il cui presidente Pasquale Di Ferdinando è stato chiaro su obiettivi e intenti: difendere attraverso l’azione del comitato, composto prevalentemente da piccoli imprenditori, gli interessi economici di un’intera comunità «aggredita da una politica bancaria troppo orientata ai profitti e poco attenta alle esigenze del territorio».

Insomma una banca che per Robin Hood non guarda più in faccia ai soci, ma solo ai profitti. E le accuse e gli esempi sono molteplici e circostanziati. Di Ferdinando cita ad esempio le difficoltà in cui si è trovato un piccolo imprenditore che di fronte alla richiesta di rinegoziazione di un piccolo finanziamento, si è visto chiudere la porta in faccia dall’istituto teramano. «Si tratta di un socio che possiede quote per 20mila euro», spiega Di Ferdinando, «che si è visto recapitare 7mila euro di decreto ingiuntivo dalla sua banca». A detta dei soci dunque, lo strumento della revoca dei finanziamenti, dei fidi, o di altri prodotti bancari, viene utilizzato con un rigore eccessivo a dispetto di atteggiamenti di fiducia tra cliente e istituto di credito che si erano consolidati nel tempo.

L’esempio ulteriore è quello delle fatture che le piccole attività portano a scontare. «E’ normale nei momenti di crisi che ci siano dei ritardi da parte della pubblica amministrazione verso le aziende che portano fatture da scontare», prosegue Di Ferdinando,«eppure in passato la banca non faceva mancare il suo sostegno. Le banche di credito cooperativo avevano proprio la funzione di raccogliere i risparmi sul territorio e di redistribuirli nel territorio. Questa inversione di tendenza desta non poche perplessità nei risparmiatori teramani». Da qui la nascita del raggruppamento di soci che si propone come un osservatorio di risposta alle diverse tipologie di criticità (dal recupero delle quote azionarie, alle difficoltà nello sconto delle fatture eccetera), ma anche come vigile controllore del rispetto di questa mission. L’obiettivo è tutelare il rispetto dello statuto e delle carte dei valori sottoscritte da tutti gli istituti di credito cooperativo. «Va capito se si tratti di una deriva che riguarda solo i principi costitutivi», prosegue il portavoce del comitato, «o se sia una impostazione generale frutto della nuova governance».

L’allusione è al nuovo corso avviato dal direttore generale Fernando De Flaviis. Il cambio al vertice della direzione generale avvenuto a febbraio potrebbe essere alla base dei disaccordi nelle strategie aziendali che avrebbe portato anche alle dimissioni in blocco dei tre revisori effettivi, i commercialisti Antonio Bucciarelli (presidente), Elio Ciaffi ed Alberto Davide. E proprio queste dimissioni, trapelate dagli organi di stampa solo dopo la convocazione dell’assemblea dei soci per ricostituire l’organo di revisione, hanno sollevato perplessità del comitato degli scontenti. Il gruppo ha infatti annunciato iniziative per seguire da vicino i lavori dell'assemblea dei soci convocata per il 26 settembre o in seconda convocazione per l'11 ottobre.

Marianna De Troia

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