L’Idv: Chiodi mandi via Varrassi entro 10 giorni o lo denunciamo

Ultimatum del senatore Mascitelli al governatore dopo l’ultima bufera che ha investito la Asl «Porterò in Parlamento il caso del centro di fecondazione assistita aperto senza autorizzazione»

TERAMO. «Le tonnellate di immondizia riversate sulla credibilità e dignità della sanità teramana possono finalmente cessare». Con queste parole inizia la conferenza stampa il segretario regionale dell’Idv e senatore Alfonso Mascitelli, che immediatamente si scusa «per i toni forti ma sono quelli usati dal direttore generale Giustino Varrassi in una lettera aperta, in cui si riferisce a quanto denunciato da alcuni partiti e dalla stampa».

Regione e Asl. Mascitelli inizia così il suo affondo, e quello del partito, con precisione chirurgica. Affiancato da tutto lo stato maggiore dell’Idv teramana (Cecè D’Alessandro, Mauro Sacco, Siriano Cordoni, Valdo Di Bonaventura, Domenico Cappucci e Giuseppe Massi) in sostanza il decreto legislativo 302 per cui è possibile «sciogliere il contratto con il direttore generale in caso sia di violazioni di leggi che di principi di buona amministrazione. Altrimenti è omissione d’atti di ufficio: il commissario ad acta Gianni Chiodi non ha più alibi». E, osserva Mascitelli, che è anche vicepresidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul servizio sanitario, la giunta non può dire di non sapere quel che accade: «nella delibera di conferma di Varrassi c’è una postilla “postuma”: si dà mandato alla direzione generale sanità di accedere agli atti, anche giudiziari, per valutare l’operato di Varrassi. Ebbene, anch’io ho presentato richiesta alla procura di avere accesso agli atti, che mi sono arrivati alcune settimane fa, quindi si presuppone che questi atti li abbia anche la Regione».

Mascitelli parla di alcune inchieste in cui il direttore generale è indagato, in particolare quella sull’utilizzo improprio dell’auto blu. E poi arriva all’inchiesta più recente, che ha portato al sequestro del laboratorio del centro di fisiopatologia della riproduzione. «Varrassi in questo caso si è superato: ha violato due leggi dello Stato», dice citando il testo unico in tema di legislazione sanitaria e la legge 40 del 2004, secondo cui i centri per la fecondazione assistita devono essere autorizzati dalla Regione e iscritti nel registro dell’Istituto superiore di sanità (entrambi i requisiti mancano per il reparto del Mazzini).

L’ultimatum. «Io mi comporterò da cittadino e da parlamentare: come cittadino dò 10 giorni di tempo perchè Varrassi presenti le dimissioni, o perchè Chiodi o la giunta revochino il suo contratto. All’undicesimo presenterò denuncia penale alla procura per omissione d’atti d’ufficio contro la giunta regionale e Chiodi. Come parlamentare questa storia non finirà nel dimenticatoio. Per legge il ministero della Sanità deve riferire entro il 30 giugno una relazione sulle ispezioni nei centri di fecondazione assistita, ancora non lo fa, la solleciterò, con riferimento anche al caso di Teramo. Non solo: non voterò la relazione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla corruzione se non prenderà una posizione chiara su questa situazione».

Sel. Interviene anche il coordinamento provinciale di Sel. «Continuiamo a rimanere allibiti per l’arroganza che questa amministrazione dimostra nelle proprie decisioni che sfidano, ormai, non solo la pazienza dei cittadini, ma anche le leggi dello Stato. Del resto, davanti alla necessità di trovare una collocazione all’amico di turno, non c’è legge che tenga…ed è così che, in barba alla sicurezza dei pazienti, si aprono e si chiudono reparti ospedalieri in base alle esigenze di pochi e non della collettività». Anche Sel chiede le dimissioni di Varrassi. «Basta con questa politica dell’immagine a scapito della sostanza. Basta con i politici che, invece di vigilare su quello che accade nella propria città, si pavoneggiano sulle reti televisive locali e nazionali manifestando finto stupore su quanto da loro avallato nelle segrete stanze del potere», conclude Sel.

©RIPRODUZIONE RISERVATA