La Finanza alla Tercas per un fallimento

Sequestrati atti dei mutui all'immobiliarista che acquistò la sede romana della Dc

TERAMO. E' un decreto di perquisizione e sequestro l'atto che ha portato la Finanza, due giorni fa, in corso San Giorgio nel quartier generale della Tercas. L'istituto di credito teramano, principale polo bancario abruzzese, risulta coinvolto, come soggetto terzo, cioè come finanziatore di mutui, in un'inchiesta per bancarotta fraudolenta con 33 indagati che ha al centro la società Dimafin.

Il personaggio chiave dell'inchiesta è l'immobiliarista di Isernia, Raffaele Di Mario, titolare di una galassia di società travolte dal crac. Di Mario era una sorta di re del mattone che fa parlare di sè a Roma quando il gruppo Dimafin acquista, per 34 milioni di euro, Palazzo Sturzo, all'Eur, che per 40 anni è stato la sede della Dc. Ma alla fine dello scorso mese di marzo finisce in carcere insieme a Lucio Giulio Capasso e Paola Ronzio, titolari di cariche sociali all'interno del gruppo, dichiarato fallito il 29 marzo. Le Fiamme Gialle, coordinate dai pm di Roma Maria Francesca Loy, Giuseppe Cascini, Maria Sabina Calabretta e Nello Rossi, effettuano subito sette sequestri preventivi di beni immobili a Pomezia, dove Di Mario possiede, tra l'altro, il polo alberghiero Hotel Selene, affiliato alla catena Best Western. Parte da qui l'inchiesta che ha toccato Teramo e che ricostruiamo puntualmente.

IL BLITZ ALLA TERCAS. La Finanza è tornata ieri alla Tercas, ma si tratta di una verifica fiscale che le Fiamme Gialle svolgono periodicamente nelle banche. Invece sono le 10 di giovedì scorso quando i finanzieri bussano alla porta della cassa di Risparmio per il fallimento Dimafin. Sul decreto che porta la firma dei quattro pm c'è scritto che la banca teramana deve consegnare alla Finanza tutte le carte che afferiscono a operazioni di mutui intercorse tra la filiale di Roma della Tercas e la società Dimafin.Materialmente il decreto viene consegnato nelle mani del direttore generale della Tercas, Antonio Di Matteo. Le Fiamme Gialle lasciano la banca alle 14. Fin qui la parte teramana, che vede la Tercas coinvolta insieme ad altre 30 banche, tra le quali spicca Unicredit per un mutuo di cento milioni di euro, con un ruolo di soggetti terzi, non indagati ma indispensabili alla procura romana per ricostruire il crac Dimafin. L'entità della bancarotta? Per una sola delle società della galassia Di Mario, la procura ha ipotizzato una distrazione di capitali per 52,5 milioni e un'evasione fiscale per 26,6 milioni.

EFFETTO DOMINO. Tutto parte dalla vendita per 108 milioni a Banca Italease del centro commerciale Dima Shopping Bufalotta, nella periferia nord-est di Roma, della società Niccodemi, riconducibile alla Dimafin. Secondo gli inquirenti la Niccodemi non avrebbe pagato imposte per 26,6 milioni sulle plusvalenze ottenute dalla vendita e, in seguito, sarebbe stata svuotata del capitale e portata al fallimento con distrazioni per complessivi 52,5 milioni, in favore della società Primula collegata alla Dimafin di Di Mario. Il punto chiave dell'inchiesta è quindi la vendita del centro commerciale dalla Niccodemi all'istituto di credito Italease, specializzato in leasing immobiliare, quotato in borsa e collegato al Banco Popolare di Verona che ne detiene il maggior numero di azioni.

La Italease stipula poi un contratto di leasing con la Dimafin per la gestione del mega centro commerciale.Secondo il gip Marina Finiti, che ha firmato l'ordinanza, «I flussi finanziari erogati da Italease alla Niccodemi per la vendita del centro commerciale Dima Shopping Bufalotta sono stati quasi interamente distratti in favore di società riconducibili a Di Mario, ma intestate a prestanome». Quaranta milioni in favore della società Primula e altri 11,7 alla M2, attraverso fatture per operazioni inesistenti. Ma il crac che travolge la Dimafin spazza anche Dima Costruzioni, Cogest e altre 7 società collegate. La procura di Roma apre un nuovo fascicolo molto più consistente del primo che presto avrà sviluppi clamorosi.

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