La Teramo demolita impazza sul web «Ricostruiamola»

Sui social network si denunciano gli scempi del passato In 543 vogliono il nuovo teatro rifatto come l’originale

TERAMO. «Ricostruiamo ciò che ci è stato tolto». In rete e sui social network abbondano i siti che parlano della città di un tempo, come le pagine su Facebook “Il Centro storico di Teramo” e “Ricostruiamo Teramo”, che vantano qualche centinaio di “mi piace”, piene di foto d’epoca, video e immagini che mostrano possibili ricostruzioni nel tessuto urbano odierno con gli edifici antichi e le differenze tra ieri e oggi.

La prima opera scomparsa di cui si chiede il ripristino è il famoso teatro comunale del 1868, costruito su progetto dell'architetto Nicola Mezucelli lungo corso San Giorgio, dove oggi sorgono il cineteatro comunale e l’ex Oviesse. I 543 iscritti del gruppo aperto di Facebook “Il futuro Teatro di Teramo??? Noi lo Vogliamo così”, hanno le idee ben chiare, come si legge dalla descrizione: «Dal momento che il teatro verrà ricostruito e molto probabilmente lì in corso San Giorgio, riteniamo che l'unico modo per evitare altri scempi architettonici nel centro storico di Teramo sia riprodurre fedelmente l'opera di Mezucelli». L’edificio ottocentesco fu demolito nel 1959 durante l'amministrazione di Carino Gambacorta con l’appoggio del consiglio comunale e solo 2 voti contrari su 25. A cavallo tra gli anni ’50 e ’60, altri palazzi seguirono il destino del vecchio teatro, tanto che un utente sulla pagina Facebook “Il centro storico di Teramo” arriva a definirla «l’era dei picconatori».

Il video su Youtube “Teramo, ex Città d’Arte”, creato da Fabio Di Giuseppe, mostra in catena buona parte degli edifici teramani scomparsi e ne chiede la ricostruzione. L’utente Nando Cozzi, in risposta al video, si rivolge sconsolato all’autore trentenne: «Lei è giovane? Le auguro di vedere avverato il suo sogno. Purtroppo, alla mia età, non riesco più a vedere una via d'uscita. Complimenti, comunque. Il suo filmato mi ha aperto gli occhi su una realtà che conosco poco». Ci sono tanti altri tesori scomparsi a Teramo, come la Fontana delle Piccine dello scultore Luigi Cavacchioli in via Carducci o l’arco di Monsignore tra il duomo e il vescovado Per quest’ultimo un altro utente, nell’album “La Teramo che non c’è più” della pagina “Il Centro storico di Teramo” si rammarica: «Arco bellissimo, una follia abbatterlo! Follia e vandalismo». L’edificio neogotico del Credito abruzzese in piazza Orsini, al cui posto oggi si trova la sede della Bnl, figura nella lista dei gioielli architettonici scomparsi. Su “Ricostruiamo Teramo” un signore commenta così: «L’edificio della Bnl è davvero una vergogna, sarebbe bello se si ripristinasse l'edificio originario. Purtroppo in molte città del mondo splendidi edifici per banche sono stati rimpiazzati da mostruosità come questa. Teramo merita decisamente di più».

L’elenco, ancora lungo, comprende anche i ponti medievali degli Stucchi e degli Impiccati, di cui si è proposto il recupero su “Wikiteramo.it”, dove si legge: «Entrambi sono ai margini dell’anello ciclopedonale cittadino e potrebbero essere recuperati con uno sforzo economico ragionevole per diventare meta turistica e di semplici passeggiate». Anche corso De Michetti, dove una volta passava l’antico decumano romano, ha perso numerose opere del passato, come ricorda il gestore della pagina “Ricostruiamo Teramo”: «Nel 1957 vengono abbattuti gli edifici porticati per la costruzione dell'orrendo palazzone di Standoli. Vennero lasciati in piedi solo i portici grazie all'opposizione di Giammario Sgattoni che intervenne sul cantiere poco prima della loro demolizione». Esattamente dall’altro lato della strada, sempre in corso De Michetti, si ergeva un altro palazzo seicentesco demolito negli stessi anni.

Spassionato il commento di Antonio De Santis, sulla pagina “Il Centro storico di Teramo”: «Lo dico da “teramanissimo” e fierissimo di esserlo, mi dispiace doverlo constatare, ma sembra che qualunque cosa venga da fuori, per il medio teramano sia degna di considerazione, poi non si accorge di tutto ciò che sta sotto casa sua!».

Chiara Di Giovannantonio

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