Giovanni Di Martino, 73 anni, morto nella lite familiare, e il figlio Giuseppe, 45 anni, architetto

SILVI / LE INDAGINI

Lite mortale in famiglia: l’accusa è omicidio volontario 

L’autopsia sul 73enne Giovanni Di Martino conferma segni di colluttazione. Il figlio Giuseppe domani davanti al gip per la convalida del fermo

SILVI. È un’accusa di omicidio volontario quella che la Procura di Teramo, titolare del fascicolo il pm Enrica Medori, contesta a Giuseppe Di Martino, l’architetto di 45 anni sottoposto a fermo per la morte del padre Giovanni, 73enne meccanico in pensione. Domani mattina Giuseppe comparirà davanti al gip Domenico Canosa per la convalida del fermo e per lui sarà l’occasione per ricostruire l’esatta dinamica degli eventi, chiarendo alcuni punti anche sulla scorta dei risultati dell’autopsia.

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Autopsia che è stata eseguita ieri mattina dall’anatomopatologo Pietro Falco, incaricato dalla Procura, alla presenza del consulente di parte, il collega Pino Sciarra, nominato dalla difesa dell’indagato. Sul risultato dell’autopsia vige il massimo riserbo, ma da quanto si apprende avrebbe confermato lesioni riconducibili a una colluttazione e fratture vertebrali e cervicali che potrebbero essere compatibili con un trauma da caduta. Anche se non avrebbe chiarito del tutto la dinamica. Per investigatori e inquirenti, in questo momento, tutti gli scenari resterebbero aperti e solo i successivi approfondimenti e gli esami eseguiti sull’auto e nell’abitazione della famiglia Di Martino, che sono state poste sotto sequestro, potranno chiarire il quadro in cui è maturata la tragedia. «Devo fare i complimenti per la professionalità in unità di intenti del consulente della procura, dottor Falco, e di parte dottor Sciarrra», ha commentato dopo l’autopsia il legale di Giuseppe, l’avvocato Nicola De Majo, «che hanno svolto l’esame autoptico con una scrupolosità certosina nulla tralasciando, anzi mettendo in luce tanti particolari che si riterranno dirimenti ai fini di giustizia».
La tragedia si è consumata la notte tra giovedì e venerdi nella cucina dell’abitazione di via Dante Alighieri dove la vittima viveva con la moglie e il figlio, rientrato da un anno dal Brasile. Secondo quanto dichiarato da madre e figlio quest’ultimo sarebbe intervenuto per difenderla. La donna, che secondo il suo racconto avrebbe subito maltrattamenti da più di trent’anni dal marito, ha raccontato che quel giorno, stanca di subire, aveva deciso di andare via di casa. Ma il marito, dopo essersi reso conto di quanto stava accadendo, avrebbe iniziato a colpirla. A quel punto il figlio sarebbe intervenuto per difendere la madre e tra i due uomini sarebbe scoppiata una violenta colluttazione al termine della quale Giovanni avrebbe sbattuto la testa sul tavolo. Una ricostruzione rispetto alla quale investigatori e inquirenti hanno sollevato dubbi, ipotizzando anche che Giuseppe abbia sbattuto volontariamente la testa del padre contro il tavolo. Dubbi che stanno cercando di chiarire.
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