Medico condannato per la morte del bimbo

Medico usò farmaci alternativi per curarlo, il giudice gli infligge 2 anni

TORTORETO. Il bimbo morì a Tortoreto, il medico che lo curò è stato condannato a 2 anni e a un mega risarcimento. G.S., bolognese e fautore della medicina ayurvedica, che sospende le terapie tradizionali, è stato ritenuto colpevole dell'omicidio colposo di un bimbo di 6 anni malato di fibrosi cistica e morto a giugno del 2006.

L'uomo è tuttora in attività. In aula, ieri a Bologna, c'era anche la madre del piccolo. La famiglia vive a Cavalese (Trento) e si era rivolta al professionista bolognese attraverso una farmacista. Il pm Antonella Scandellari aveva chiesto 4 anni. Il giudice Luciana Caselli ha anche deciso la liquidazione immediata dei danni patrimoniali e non patrimoniali ai familiari del bambino. Per i primi, l'entità fissata ammonta a qualche migliaia di euro. Per gli altri, il giudice ha stabilito un valore complessivo di quasi 600 mila euro, divisi tra 220 mila euro per ciascuno dei genitori e 75 mila per ognuna delle due sorelline della vittima, primogenite della coppia e tuttora minorenni. Il bambino aveva seguito una cura a base di erbe e polveri minerali, confezionati (lecitamente) dalla moglie del medico che ha un'erboristeria. Qualche mese dopo le sue condizioni erano peggiorate e il piccolo è morto nel tragitto per il pronto soccorso dell'ospedale di Sant'Omero, tra le braccia della madre, a Tortoreto Lido, dove la famiglia si era trasferita sperando che il soggiorno al mare potesse servire. I genitori furono prima indagati e poi prosciolti, mentre per un periodo al medico fu contestato l'omicidio volontario. G.S. ha sempre negato ogni responsabilità, spiegando che la malattia era in uno stadio avanzato e che la sospensione delle cure tradizionali fu una libera scelta dei genitori, a cui lui non si oppose.

Tesi confutata dall'accusa, per cui non si cura a seconda delle scelte dei familiari di un paziente ma secondo coscienza e regole mediche, e senza far mancare le cure salvavita in casi di necessità. La procura ha anche rimarcato che la condanna non intende demonizzare le cure ayurvediche tout court ma sollecita la necessità di fare attenzione, nei casi di malattie gravi, a non allontanarsi dalla medicina tradizionale.