Medico di base si toglie la vita a 58 anni 

Gesto estremo di Elso Castelli con un colpo di fucile. Nella stessa abitazione il padre 30 anni fa si era buttato in un pozzo

TERAMO. Certe tragedie non hanno titoli di coda che spiegano tutto, che raccontano ogni dettaglio. Si cerca di capire ma non ci si riesce mai fino in fondo. E non bastano nemmeno gli atti dovuti delle inchieste giudiziarie a dare un perché.
Elso Castelli, 58 anni, sposato e padre di due figli adolescenti, conosciutissimo medico di base a Teramo con centinaia di pazienti, da tempo impegnato nella tutela dell’ambiente con uno dei comitati per l’acqua del Gran Sasso, se n’è andato per sempre con un colpo di fucile. Il gesto estremo nella vecchia casa paterna di Valviano, nel territorio di Cellino Attanasio, la stessa in cui circa trent’anni fa il padre si era tolto la vita buttandosi in un vecchio pozzo. Sul posto non è stata trovata nessuna lettera, nessun messaggio a spiegare quello che per familiari, colleghi e amici resta un gesto inspiegabile. Venerdì il pm di turno Silvia Scamurra affiderà l’autopsia al medico legale Giuseppe Sciarra, ultimo atto di una ricostruzione investigativa, quella del gesto volontario, che è l’unica ipotesi iscritta nel fascicolo. A dare l’allarme, nella tarda serata del giorno di Santo Stefano, sono stati la moglie e un nipote che non riuscivano a contattarlo telefonicamente dopo che il professionista, uscito di casa nel pomeriggio dicendo che sarebbe andato nello studio medico di piazza Del Carmine, non era rientrato per l’ora di cena. Racconta il nipote Mirko De Berardinis (segretario provinciale di Rifondazione comunista): «Lo abbiamo cercato allo studio ma non c’era, abbiamo fatto un giro per Teramo per vedere se la sua macchina fosse parcheggiata in qualche posto. Abbiamo pensato che fosse uscito per fare una visita urgente, ma tutto si è rivelato vano. Poi in tarda serata siamo andati nella vecchia casa paterna di Valviano perchè abbiamo pensato che potesse essere andato da quelle parti dove aveva dei pazienti. Abbiamo visto la macchina parcheggiata all’esterno, ma in casa nessuna luce. Poi la drammatica scoperta nella vecchia rimessa degli attrezzi. Un gesto assolutamente inspiegabile per tutti noi familiari».
L’arma, un vecchio fucile da caccia, era stato ricevuto in eredità da un familiare e mai segnalato alle autorità così come poi chiarito dagli investigatori. I successivi accertamenti sullo stato dei luoghi eseguiti dai militari di Cellino e da quelli del reparto investigativo su delega dell’autorità giudiziaria hanno escluso ogni altra ipotesi: nessun segno di effrazione che possa far pensare alla presenza di altre persone, la conferma arrivata dall’esame dello stub (la versione moderna del vecchio “guanto di paraffina”) per accertare la presenza di polvere da sparo sulla mano che ha impugnato l’arma.
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