GIULIANOVA

Omicidio Rapposelli, padre e figlio restano in carcere

I giudici del Riesame dell'Aquila respingono la richiesta di scarcerazione di Giuseppe e Simone Santoleri. La Procura deposita conversazioni con altri detenuti su una presunta ammissione

GIULIANOVA. Niente libertà per Giuseppe e Simone Santoleri, padre e figlio, rinchiusi in carcere con l'accusa di aver ucciso l’ex moglie e madre Renata Rapposelli (nella foto in basso). I giudici del Riesame dell'Aquila hanno respinto la richiesta di scarcerazione presentata dagli avvocati dei due indagati. E lo fanno alla luce delle nuove carte presentate dalla Procura . Indagini che svelano intercettazioni ambientali tra Simone e altri detenuti nel carcere di Castrogno (prima del suo recente trasferimento nel penitenziario di Lanciano) nelle quali  l’uomo lascerebbe intendere un suo coinvolgimento nell’omicidio.

Parole che, per l’accusa, diventano macigni e che in una tappa come quella del Riesame sono destinate a lasciare traccia nelle motivazioni che accompagneranno il provvedimento adottato dai giudici (collegio presieduto da Alessandra Ilari) del Riesame. Una ricostruzione certosina quella fatta in aula dal pm Enrica Medori (titolare del fascicolo dopo il passaggio dell’inchiesta dalla Procura di Ancona per incompetenza territoriale) che più volte ha sottolineato l’esigenza della misura cautelare per padre e figlio. Oltre alle intercettazioni catturate in carcere, tra i nuovi elementi d’indagine della Procura teramana le testimonianze della sorella di Simone e della sua ex compagna.

Di diverso avviso, naturalmente, gli avvocati Alessandro Angelozzi, Gianluca Reitano e Gianluca Carradori. I difensori hanno insistito sulla mancanza delle esigenze cautelari evidenziando come le varie consulenze (tra l’altro ancora in corso) non abbiano  stabilito come e quando la donna sia morta. Secondo quest’ultimi, inoltre, neanche le immagini delle telecamere sulla presenza della macchina dei due vicino a Tolentino proverebbero il coinvolgimento dei Santoleri. Perchè, hanno più volte sostenuto, «i fotogrammi delle telecamere sono talmente sfocati che è veramente difficile identificare la macchina di padre e figlio».

Secondo inquirenti e investigatori di due Procure, invece, Giuseppe e Simone hanno ucciso la 64enne pittrice teatina il 9 ottobre dell’anno scorso quando lei si è recata nella loro abitazione giuliese dopo aver preso un treno da Ancona, la città in cui viveva dopo la separazione. E lo hanno fatto al termine di una lite scoppiata per questioni economiche, in un contesto familiare di rancore e odio. Poi i due, sempre secondo l’accusa, hanno chiuso il cadavere in una busta, lo hanno nascosto in auto per qualche giorno, coperto con un grosso scatolone e trasportato fino a Tolentino per liberarsene gettandolo in una scarpata.
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