Pastore evangelico: il pm chiede 8 anni

Slitta il verdetto per l'uomo accusato di aver abusato di un'adepta minorenne

TERAMO. Per la pubblica accusa è colpevole di aver abusato più volte di un'adepta, all'epoca dei fatti minorenne, e per questo va condannato ad otto anni. E' la richiesta del pm Laura Colica per Eliseo Capriotti, il predicatore di una comunità evangelica di Teramo. Per la sentenza bisognerà attendere il 13 aprile, data in cui i giudici del collegio (presidente Giovanni Spinosa, a latere Angela Di Girolamo e Ileana Ramundo) si riuniranno in camera di consiglio.

Ieri pomeriggio parte civile, pm e difesa si sono dati battaglia in arringhe e requisitorie andate avanti per più di cinque ore. Il pubblico ministero ha ripercorso tutta la vicenda, rimarcando con forza le accuse contro l'uomo. L'avvocato di parte civile Ernesto Bucci ha chiesto anche l'invio degli atti al pm per falsa testimonianza a carico di alcuni esponenti della comunità che hanno testimoniato nel corso delle varie udienze. Gli avvocati Fabrizio Acronzio e Gennaro Lettieri, difensori dell'uomo, hanno ribadito la totale estraneità del loro assistito ai fatti.

I FATTI. I fatti, secondo l'accusa, si sarebbero verificati proprio nella sede teramana del gruppo religioso, una palazzina di via Pigliacelli, tra il 1998 e il 2002. La vittima li raccontati personalmente davanti al collegio in una drammatica udienza di qualche mese fa. La donna ha raccontato di quando, 12enne e appena guarita da un tumore, venne mandata dai genitori dai confratelli teramani. Qui più volte avrebbe subito le attenzioni particolari di Eliseo Capriotti, che un paio di volte avrebbe tentato di violentarla senza riuscirvi masturbandosi ripetutamente davanti a lei e spesso svegliandola di notte. L'accusato, secondo la vittima, l'avrebbe costretta al silenzio minacciandola in vari modi (prima «Se racconti qualcosa a qualcuno ti ammazzo», poi «Io sono un predicatore, se mi denunci non ti crede nessuno. Ti cacciamo dalla comunità e ti separiamo dalla tua famiglia»). La tensione nella ragazza era salita al punto da procurarle un'emiparesi e un ricovero in neurologia.

Poi, la svolta. La giovane riesce ad allontanarsi dalla comunità teramana, riprende gli studi in Puglia e nel 2003 sposa un confratello pugliese. Quando diventa madre, decide («perché anche mio figlio dovrà crescere nella comunità») di denunciare l'uomo che le ha fatto tutto quel male. Ne parla ai familiari, li convince ad aiutarla.

LA REGISTRAZIONE. Contatta Capriotti con una scusa, lo vede con un registratore acceso addosso e gli fa ammettere le violenze avvenute anni prima. «Prega per me, ho sbagliato», le avrebbe detto l'uomo in quel colloquio. Una registrazione diventata uno dei capisaldi dell'accusa ieri mattina in aula è stato ascoltato il perito fonico Piero Benedetti. Nel corso delle numerose udienze sono emerse tesi opposte da parte dei vari testimoni. Quelli dell'accusa hanno rievocato episodi della cui gravità all'epoca non si rendevano conto e che hanno compreso solo quando la ragazza ha deciso di raccontare le violenze che avrebbe subìto. Quelli della difesa hanno evidenziato il rapporto di affetto quasi paterno che Capriotti avrebbe avuto con la giovane e sottolineato di non essersi mai accorti che qualcosa non andava. Capriotti non si è presentato davanti ai giudici. Sono state acquisite le dichiarazioni rese al pm.

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