Pittrice uccisa, l’esame del terriccio rafforza le accuse 

Per i Ris le tracce trovate sull’auto dei Santoleri sarebbero compatibili con il luogo in cui è stato trovato il corpo di Renata Rapposelli

GIULIANOVA. Le prime evidenze tecniche di un’indagine complessa come quella di un omicidio rafforzano gli elementi d’accusa in mano alla Procura. Nel giallo della pittrice Renata Rapposelli, la 64enne chietina trovata senza vita in una scarpata di Tolentino un mese dopo la scomparsa da casa, entrano i primi importanti risultati degli accertamenti fatti sulla macchina di Giuseppe e Simone Santoleri, ex marito e figlio residenti a Giulianova indagati per concorso in omicidio e occultamento di cadavere. In particolare le tracce di terriccio trovate sulle gomme della Fiat seicento avrebbero evidenziato una compatibilità con il tipo di terriccio che si trova nella scarpata di Tolentino. E’ evidente che va stabilito se si tratti di un terriccio con componenti comuni (e quindi possibili da trovare anche in altri luoghi) o particolari e quindi tipici solo di quella determinata zona. La novità sarebbe emersa nei giorni scorsi al termine degli ultimi esami di laboratorio del Ris. «Per il momento alla difesa non risulta nulla» dice l’avvocato Gianluca Reitano, uno dei legali che assiste padre e figlio (gli altri due sono Gianluca Carradori e Alessandro Angelozzi).
Come in ogni inchiesta per omicidio il tempo che passa spegne o accende riflettori su particolari che danno la direzione alle indagini. E negli ultimi tempi sul tavolo del pm di Ancona Andrea Laurino (la Procura dorica è quella competente per territorio visto che inizialmente la denuncia di scomparsa della donna venne presentata nella città marchigiana) sono arrivati gli accertamenti su alcune telecamere di Sant’Elpidio a mare che avrebbero ripreso la Fiat seicento di padre e figlio e quelli sulle celle telefoniche agganciate sempre dai Santoleri. Risultati che si sono aggiunti a quelli già da tempo nelle mani degli investigatori e che dicono che il telefonino della donna sia diventato irraggiungibile dopo aver agganciato la cella telefonica della stazione ferroviaria di Giulianova, quel 9 ottobre dell’anno scorso. In tutti questi mesi i due uomini hanno continuato a ripetere che quel giorno Giuseppe ha accompagnato Renata fino a Loreto e qui l’ha lasciata. Ma ormai appare chiaro che gli inquirenti siano convinti che quel viaggio in auto verso Loreto non ci sia mai stato. A insinuare dubbi sulla ricostruzione fatta da padre e figlio ci sono soprattutto le dichiarazioni di una farmacista di Tortoreto: la donna ha raccontato che quel 9 ottobre Renata è entrata nella sua attività per chiedere un calmante. Erano circa le 17, quindi tre ore dopo rispetto all’indicazione data da Giuseppe e Simone che sostengono di aver riaccompagnato la donna a Loreto intorno alle 14.
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