Prosciolto per la marijuana terapeutica 

Teramano sulla sedia a rotelle indagato perché in casa aveva una serra per la coltivazione: l’unico rimedio contro il dolore

TERAMO. Per ricordarci quello che succede intorno abbiamo bisogno più di facce che di numeri senza nome. In questa Italia in cui la legge sulla cannabis terapeutica (solo ad ottobre passata alla Camera con un carico di polemiche) attende il via dal Senato, un giudice archivia il caso di un disabile teramano indagato perchè in casa aveva allestito una serra per la coltivazione di cannabis: l’unica cosa che riesce ad alleviare in parte i suoi dolori. Perchè i magistrati si trovano davanti persone e non gli stereotipi su cui ragiona la politica: il 43enne Marco (nome di fantasia) da nove anni vive su una sedia a rotelle per i postumi di un grave incidente stradale.
Scrive il pm Silvia Scamurra nella richiesta d’archiviazione accolta pochi giorni fa dal gip Mauro Pacifico: «Ritenuta la modestia del fatto (essendosi rivenuto un quantitativo non rilevante di marijuana) e la comprovata finalità terapeutica nell’uso della sostanza attesa la gravissima patologia che affligge l’uomo e l’impossibilità di prescrivere al medesimo il farmaco contenente il principio attivo stupefacente in considerazione della limitata casistica per cui è autorizzato».
Nessun reato, dunque, ma solo la necessità di alleviare dolori continui e insopportabili. Perchè anche se la Regione Abruzzo è stata tra le prime in Italia a dare il via libera alla legge sulla cannabis terapeutica, la realtà quotidiana resta una corsa ad ostacoli. Come quella di Marco che per rivendicare un diritto sancito da una normativa è finito davanti ad un magistrato dopo che nel dicembre del 2016 venne denunciato per detenzione di sostanze stupefacenti dopo aver allestito nella sua casa una serra adibita alla coltivazione di cannabis « avendone ricavata», si legge nel capo d’imputazione, «e quindi detenendo illegalmente 197, 2 grammi di marijuana». Lui nell’interrogatorio aveva detto: «La cannabis rinvenuta presso la mia abitazione è proprio quella per uso terapeutico da non equiparare a quella da strada. Si tratta del medesimo prodotto venduto in farmacia. Preciso che la quantità trovata nella mia disponibilità dipende dal fatto che essendo la produzione della cannabis non istantanea sono costretto a fare un piccolo stoccaggio per far fronte alle mie quotidiane esigenze terapeutiche che richiedono a causa della cronicità ed assuefazione al principio attivo quantità crescenti». E a dimostrarlo anche la certificazione di un neurologo dell’ospedale di Teramo. Che, riferendosi al suo caso, così ha scritto nella documentazione presentata al pm: «il dolore risponde solo parzialmente ad alte dosi di oppiacei, peraltro poco tollerati per disturbi gastrointestinali e dunque non utilizzati. Buona, invece, la risposta alla cannabis, sia per la spasticità che per il dolore. Il Sativex (prodotto commerciale a base di cannabis) non è prescrivibile nel caso specifico perchè il farmaco è utilizzabile solo nei casi di spasticità dovuta alla sclerosi multipla». L’uomo è stato assistito dall’avvocato Tommaso Navarra che commenta: «si tratta di un precedente importante che correttamente ricostruisce sia il carattere modico del quantitativo sia l’assenza di elementi sintomatici per un qualsivoglia assente trasferimento a terzi, vivificando le reali ragioni sottese all’autoconsumo, ragioni umanamente e scientificamente di per sè sole già significative».
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