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Roseto, dopo tre no della Federcalcio il profugo senza famiglia può giocare a pallone

Ha appena 17 anni, si chiama Youssou Gueye ed è arrivato a Roseto dopo essere fuggito dal Senegal. La Federcalcio gli ha rifiutato il tesseramento perché mancava la firma dei genitori, ora la burocrazia è stata sconfitta

ROSETO. Ha appena 17 anni ma fino a oggi la vita per lui è stata solo sofferenza. La sua colpa? Quella di essere nato in un Paese del terzo mondo, dove è stato costretto a cavarsela da solo prima ancora di imparare a camminare. Si chiama Youssou Gueye e da qualche mese vive a Roseto dove è arrivato in modo fortunoso dopo essere fuggito dalla sua terra di origine, il Senegal.

Del suo passato non vuole parlare, forse perché preferisce dimenticarlo oppure non lo ricorda già più, lo ha cancellato. Così come sembra cadere dalle nuvole quando qualcuno gli chiede dei genitori. Quasi non riesca ad afferrare il senso non solo della domanda, ma del concetto stesso di genitorialità.

Arrivato dopo varie peripezie a Roseto, Youssou ha avuto subito il tempo di restare invischiato in una delle solite storie di burocrazia all'italiana. Questa volta a diventare protagonista in negativo è l'apparato calcistico, i cui vertici regionali hanno per ben tre volte opposto un secco rifiuto alla possibilità di tesserare il ragazzo con una società locale, la As Roseto, da vent'anni impegnata nel settore giovanile.

Il motivo? Non può essere tesserato perché tra la documentazione manca una dichiarazione dei genitori in cui sia spiegato il perché Youssou si trovi in Italia da solo. Una richiesta giusta per chiunque provenga da una normale situazione familiare, ma che rivolta a un ragazzo fuggito dal proprio Paese, quindi di fatto un profugo clandestino, suona assolutamente stonata. E poi i suoi genitori Youssou molto probabilmente non li ha mai conosciuti.
«Quando lo hanno portato qui da noi», racconta il presidente della As Roseto, Camillo Cerasi, «ci siamo immediatamente attivati affinché Youssou potesse integrarsi completamente nella nuova realtà in cui è stato inserito. Questo vuol dire che oltre agli allenamenti, che svolge regolarmente con molta passione, ha bisogno di prendere parte alle partite ufficiali».
Per questo c'è bisogno di essere tesserati, ma l'autorità calcistica ha detto no. «Il ragazzo non riusciva a spiegarsi il motivo per cui la domenica non poteva scendere in campo con i compagni con cui si allenava per il resto della settimana», continua il presidente, «così qualche volta l'allenatore lo ha portato in panchina, pur sapendo di non poterlo far scendere in campo». Un gesto che dimostra quanto il ragazzo stia a cuore di tutta la società, ma che di fronte a un arbitro zelante è finito inevitabilmente in un'espulsione con Youssou costretto ad allontanarsi tra le lacrime.
Rabbia, impotenza, voglia di superare un assurdo ostacolo. Animati da questi sentimenti, i dirigenti della società decidono di andare avanti a testa bassa. «Per caso abbiamo visto su "Striscia la notizia" una vicenda simile alla nostra», interviene Nicola Legge, dirigente della società rosetana, «che si era verificata nella zona di Genova. In quel caso però l'autorità sportiva ha concesso una deroga dando la possibilità di tesserare il giovane nella stessa situazione di Youssou».
Perché la legge sportiva è stata applicata in maniera diversa? Immediata, quindi, la reazione dei dirigenti della società rosetana, i quali trovano questa volta un interlocutore attento e sensibile in Daniele Ortolano, presidente del comitato abruzzese della Federazione calcistica.
Il risultato è che nel giro di pochi giorni la domanda per il tesseramento di Youssou, ripresentata esattamente allo stesso modo delle tre precedenti rifiutate, è stata accolta. «Sono andato personalmente a ritirare il tesserino», dice soddisfatto Legge mostrando il documento, «e non vedo l'ora di farlo vedere a Youssou, il quale domenica (cioè questa mattina alle 10,30, ndc) potrà fare il suo esordio con la maglia della As Roseto, nella partita casalinga che la formazione Allievi, categoria in cui ora milita il ragazzo, disputerà in casa nel campo di Santa Lucia».
Un raggio di luce, dunque, spunta finalmente nella vita di Youssou, dopo le tante disavventure che ha subito dal momento che ha deciso di abbandonare la sua terra. L'odissea sul barcone assieme a centinaia di persone nella sua stessa situazione, poi l'approdo da qualche parte (lui preferisce non entrare nei dettagli), quindi la risalita della Penisola in treno. Tutto questo da solo, senza conoscere una sola parola di italiano e, naturalmente, senza soldi. Un controllore lo intercetta vicino a San Benedetto e si accorge che il ragazzo sta male: ha la febbre molto alta. Viene allertata la Polfer di Giulianova, i cui agenti prendono in carico Youssou e lo trasferiscono al locale ospedale, dove il ragazzo viene curato.
A questo punto entra in scena il tribunale dei minorenni, che decide di affidarlo alla cooperativa "I Girasoli" di Roseto, i cui operatori accolgono il giovane senegalese nella struttura di Montepagano dove si trova ancora adesso.
«Youssou si è integrato molto bene nella comunità rosetana», conclude il presidente Cerasi, «parla sempre meglio l'italiano, frequenta la scuola regolarmente e pratica il calcio insieme ai nostri ragazzi, con i quali adesso potrà anche condividere la gioia di disputare gare ufficiali del campionato. A breve prenderà parte anche al nostro torneo internazionale Spiagge d'Abruzzo Cup. Lancio un appello alle autorità calcistiche affinché si faccia distinzione tra le società di serie A e le piccole realtà come la nostra per quanto riguarda il tesseramento degli atleti, soprattutto quando l'unico interesse è quello sociale, come nel nostro caso».

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