Roseto, una piazza in memoria di Antonio Santarelli

La moglie: «Antonio ci guarda, il suo sacrificio non va dimenticato»

ROSETO. «Oggi Antonio è qui con noi, che ci guarda dal cielo». Quando Claudia Francardi ha pronunciato queste parole dal palco, la commozione ha sopraffatto il numeroso pubblico presente ieri pomeriggio alla solenne celebrazione per l’intitolazione di una piazza di Roseto ad Antonio Santarelli. L’associazione nazionale carabinieri e il Comune rosetano si sono stretti attorno alla famiglia del carabiniere originario di Notaresco aggredito al posto di blocco il 25 aprile del 2011 a Pitigliano, in provincia di Grosseto, poi morto nel maggio del 2012 dopo un anno di coma causato dalle botte ricevute da un gruppo di adolescenti fermati durante un normale controllo.

«Oggi non abbiamo più bisogno di maestri», ha proseguito la signora Claudia «ma di testimoni come lo è stato Antonio con la sua vita, tutta improntata ai valori di giustizia, senso del dovere, onestà. Per lui la vita non si limitava alle ‘esse’ che la maggior parte degli uomini ricerca costantemente, cioè soldi e salute: l’obiettivo di Antonio era l’amore, che ha dato a me, a suo figlio e alla sua famiglia, e che io sento ancora vivo dentro di me perché sono certa che da lassù continua ad amarci più di prima». La piazza che oggi è intitolata al carabiniere scomparso, insignito della medaglia al valor civile, fino a due anni fa era utilizzata dai coniugi Santarelli insieme al figlio Niccolò per parcheggiare l’automobile quando d’estate si godevano insieme la spiaggia di Roseto, proprio il tratto antistante la lapide.

«Io spero», continua la signora Claudia «che quando passerete davanti a questa piazza insieme a vostro figlio, dedichiate qualche minuto per spiegargli il motivo che ha portato il Comune ad affiggere quella targa: solo in questo modo la morte di Antonio non sarà stata vana».

Sul palco si sono poi alternati i tre studenti vincitori del concorso dedicato proprio all’evento: Marianna Di Gregorio, Yasemin Yoruk e Riccardo Di Bella. «L’anno che Antonio Santarelli ha trascorso senza coscienza, immobile in un letto, non è stato inutile», si legge inel testo redatto da Di Bella «la sua presenza, anche se solo fisica, è stata una preziosa testimonianza di generosità, di bontà che va oltre la morte. La condanna di Matteo Gorelli (uno dei giovani aggressori, già condannato all’ergastolo, ndc) ha fatto dire a molti: “giustizia è fatta”. Credo che “giusto” sarebbe stato solo il ritorno di Antonio a casa; “giusto” l’abbraccio di sua moglie e di suo figlio. “Ingiusto” è che il nastro non si possa riavvolgere e che il destino abbia inciso le sue lettere non su un progetto di via, ma su una medaglia al valore». La folla ha seguito con molta attenzione tutte le fasi della cerimonia, fino al momento più toccante, cioè quando è stata scoperta la lapide con il sottofondo del silenzio suonato dalla tromba della banda che ha accompagnato ogni fase del corteo.

Federico Centola

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