«Saremo vicini alle imprese abruzzesi»

Di Matteo, il direttore generale della Tercas, parla dell'operazione Caripe da 228 milioni

TERAMO. Un investimento da 228 milioni per acquistare la Caripe che manterrà il suo nome così come nessuno dei 384 bancari pescaresi perderà il posto. Ma qual è il vero obiettivo della Tercas? L'operazione-trasparenza della banca di corso San Giorgio comincia da questa intervista al Centro. Chi parla è Antonio Di Matteo, 53 anni, di Avezzano, direttore generale dell'istituto teramano. «Saremo vicini ai nostri nuovi clienti», dice, «come il medico di famiglia lo è con i propri pazienti».

Quali sono i numeri del primo polo bancario d'Abruzzo nato dopo l'acquisto di Caripe?
«C'è un dato che parla da sé: Tercas più Caripe raggiungono una quota di mercato del 17 per cento. Siamo diventati la prima banca d'Abruzzo, subito dopo di noi c'è l'Intesa San Paolo. Con l'acquisto di Caripe, il numero totale degli sportelli sale a 163, di cui 124 nella nostra regione e la parte rimanente nelle Marche, nel Lazio e in Emilia. Passiamo ai dipendenti che diventano 1234: 850 Tercas e 384 Caripe. E alla raccolta complessiva che sale a oltre 5 miliardi di euro. Immaginiamo, per un attimo, di pensare in lire: siamo di fronte a qualcosa come 10mila miliardi di vecchie lire. Infine le fornisco un altro dato, quello degli impieghi (cioè gli affidamenti ai clienti, ndr) che raggiungeranno una quota di 4,5 miliardi di euro. Tutto ciò grazie al fatto che la Caripe è una banca radicata sul suo territorio. Ne detiene una quota di mercato del 19 per cento».

Fatto l'identikit della prima grande banca abruzzese, passiamo alla principale domanda: perché Tercas ha scelto di mettere a segno questa operazione milionaria?
«Lo scopo era quello di creare un polo bancario abruzzese reale, e lo abbiamo raggiunto. Fino a ieri, infatti, si poteva dire che l'Abruzzo era una regione "debanchizzata". Da oggi non è più così.  Mi spiego meglio con alcuni esempi: la Popolare della Marsica è passata al Monte dei Paschi di Siena, la Popolare di Sulmona e la Carispaq ora sono di gruppi emiliani, così come la Popolare di Teramo e Città Sant'Angelo è passata al gruppo Intesa e la stessa Caripe era del Banco Popolare. Ecco cosa intendo per Abruzzo finora debanchizzato».

Quindi, il vero fine dell'operazione qual è?
«E' quello di dare alle medie e piccole imprese della vasta area metrolitana Chieti-Pescara, senza soluzione di continuità con il territorio teramano, un interlocutore economico eclusivamente locale. L'Abruzzo ne trarrà grandi benefici perché imprese e famiglie ora hanno una banca che nasce e opera nella nostra regione e che quindi può seguirli da vicino. Più o meno come fa il medico di famiglia con i propri assistiti. Mi consenta un paio di esempi. Ci sono banche non locali che al primo colpo di tosse del cliente lo abbandonano. Se la banca, invece, è realmente abruzzese questo non accade. Una banca non locale non si accorgerebbe neppure di una piccola impresa di 20 dipendenti in difficoltà. Ma queste imprese sono il tessuto economico dell'Abruzzo. Il secondo esempio è teramano: la Provincia ha fatto un appello agli istituti di credito per anticipare la cassa integrazione agli operai di aziende in crisi. All'appello ha risposto una sola banca: la Tercas».

Ma torniamo alla Caripe. Che fine farà?
«Come metodo di base, puntiamo a rafforzarne l'identità territoriale.
Il marchio rimane così come il management locale sarà valorizzato. La Caripe avrà una piena autonomia creditizia e gestionale e una propria politica di sviluppo del territorio anche se, non lo nego, il cda sarà naturalmente rivisto per poter essere in sintonia con le linee guida del nuovo gruppo»

Ha letto cosa ha scritto ieri per il Centro Camillo D'Alessandro, capogrupppo del Pd alla Regione? In parole semplici, dice che l'operazione Tercas-Caripe ha creato un eccezionale contenuto per l'Abruzzo. Ma che la Regione è in netto ritardo nel creare il contenitore, cioè il "documento di programmazione economica e finanziaria". Lo condivide?

«Mi basta una frase per risponderle: ora politica ed economia debbono fare sistema. Le basi ci sono».

Facciamo un passo indietro, prima di fugare l'ultimo dubbio. A chi è venuta l'idea di creare la prima grande banca d'Abruzzo?
«Naturalmente di questa operazione io sono un esecutore. L'idea è del presidente della Tercas Lino Nisii. E non è un'idea dell'ultim'ora. Diciamo che già 15 anni fa l'avvocato Nisii, insieme con altre persone, tentò l'impresa di creare una grande banca abruzzese con la fusione delle quattro casse di risparmio. Il progetto fallì. Ma tre anni fa si è ricreata una serie di condizioni favorevoli per noi che ha portato il Banco popolare a dismettere banche di province lontane. Non abbiamo perso questa occasione».

Allora ci tolga l'ultimo dubbio. Non è che Tercas punta ad acquistare anche Carichieti?
«Assolutamente no, per un motivo semplice: con Carichieti ora c'è una sovrapposizione incredibile di sportelli. E poi, prima di occuparci di altri acquisti, abbiamo bisogno di almeno due anni per consolidare questo».

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