Scatta l’allarme Ebola, era solo febbre

Protocollo sicurezza dopo che una nigeriana chiede aiuto al 118: isolato il pronto soccorso per evitare contagi

TERAMO. Teramo per due ore come Dallas. Ovviamente non per l’assassinio di un presidente, ma per un’emergenza molto più attuale, il contagio da Ebola.

Se a Dallas è stato scoperto il primo caso negli States, Teramo ieri ha rischiato di far registrare il primo in Italia. Poco prima di mezzogiorno è scattato l’allerta, quando una donna ha chiamato il 118. A.A.C. 60 anni, nigeriana, ha telefonato alla centrale operativa dicendo di sentirsi male, di avere una forte febbre, una tosse insistente, oltre che una ferita a un piede. La donna, in un italiano parecchio incerto, ha detto di essere tornata dal suo paese natale meno di 21 giorni fa (il periodo massimo di incubazione del virus). A quel punto è scattato il protocollo di sicurezza. Un’ambulanza è partita da Teramo diretta ad Ancarano, dove A.A.C. vive con il marito, la figlia e la nipote. Nel frattempo però il marito, visto il peggiorare delle condizioni della moglie, l’ha messa in macchina e si è avviato a tutto gas verso l’ospedale di Teramo, tanto che alla fine è stato fatto un “rendez vous” sulla 259 e la donna è stata caricata in ambulanza.

Nel frattempo al pronto soccorso del Mazzini in velocità è partita la macchina organizzativa. «Il protocollo aziendale, già discusso 20 giorni fa», spiega Pierluigi Orsini, a capo del dipartimento di emergenza e urgenza, «è stato applicato tempestivamente: sono state allestite le stanze per la paziente e per tre i “contatti” (cioè coloro che sono stati a contatto con lei, ndr), rispettivamente nell’area dell’osservazione breve - da dove i pazienti sono stati spostati nel day surgery dell’otorino – e nell’ambulatorio ortopedico. Il personale ha indossato dispositivi di protezione individuale (tute, mascherine e respiratori, ndr). Il tutto è avvenuto in una ventina di minuti. Sia il personale del 118 che quello del pronto soccorso hanno mostrato la massima professionalità nell’affrontare questa emergenza, attuando rapidamente tutte le misure». La paziente non è stata portata in malattie infettive, anche se ha trovato comunque un infettivologo ad attenderla al pronto soccorso, in quanto il reparto è in una fase di transizione visto il trasferimento, previsto entro un mese, all’ultimo piano dell’ex sanatorio.

Una volta arrivata al Mazzini, la paziente, a cui sono stati fatti indossare mascherina e camice, è stata sistemata in una stanza dell’osservazione breve e i parenti nell’ambulatorio ortopedico, sempre nell’area del pronto soccorso. Intanto con maggiore calma il personale ha tentato di capire che giro avesse fatto A.A.C. in Africa, mentre Orsini al telefono con l’Enav (ente nazionale assistenza al volo) cercava di ricostruire con quale volo aereo la donna fosse rientrata in Italia. Contemporaneamente sono stati avviati contatti con l'Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma, il referente più vicino per eventuali emergenze da Ebola.

Alla fine il quadro si è chiarito: la donna era tornata da Benin City, in una zona della Nigeria in un certo qual modo “risparmiata” dall’Ebola e il suo aereo aveva fatto scalo a Lagos, dove invece il virus è diffuso, ma non è stato possibile un contagio solo con uno scalo tecnico. Per questo gli specialisti dello Spallanzani, a cui stava per essere inviato un campione di sangue della donna per le analisi, hanno dato indicazione di far cessare l’allarme.

E alle 14 il protocollo Ebola è stato bloccato. Adesso A.A.C. è ricoverata in ospedale per la febbre, che probabilmente è legata a un’infezione correlata alla ferita al piede.

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