Scuola esplosa, il pm chiede il processo per 5 persone

Sono dirigenti e tecnici della Cpl Concordia, la coop modenese che gestisce gli impianti termici negli edifici scolastici comunali: due di loro sono teramani

TERAMO. Cinque persone compariranno tra breve davanti al giudice dell’udienza preliminare per la drammatica vicenda dell’esplosione per una fuga di gas che l’anno scorso distrusse la scuola materna di Piano d’Accio. Il sostituto procuratore Stefano Giovagnoni ha chiesto il rinvio a giudizio di cinque persone tra dirigenti e tecnici della Cpl Concorda, la cooperativa modenese alla quale il Comune ha affidato la gestione degli impianti termici delle scuole. Tutti devono rispondere di disastro colposo. Tra gli imputati spicca il nome di Roberto Casari, presidente della Cpl, ma ci sono anche due teramani: l’ingegnere Alfredo Lupi di SantOmero, responsabile dell’area tecnica Abruzzo della Cpl, con sede a Sant’Omero, e Walter Lucidi di Controguerra, dipendente dello stesso ufficio.

La procura contesta ai cinque imputati il malfunzionamento del vano caldaia nel quale si verificò la tremenda esplosione del 3 ottobre dell’anno scorso, avvenuta, per una circostanza davvero fortunata appena un’ora dopo l’uscita dei bambini. In particolare le accuse riguardano due aspetti tecnici dell’impianto: la celletta in cui era alloggiato il contatore, da cui è partita la fuga di gas, non sarebbe stata realizzata a norma; anche il vano caldaia avrebbe presentato alcune irregolarità per quanto riguarda i sistemi di sicurezza. In questo caso l’attenzione degli inquirenti si è incentrata sulla griglia di aerazione che non sarebbe stata di dimensioni regolari e sarebbe stata collocata in un punto sbagliato, tanto da non consentire una rapida fuoriuscita del gas verso l’esterno.

Il vano caldaia si sarebbe saturato di gas perché vi era un foro – che non doveva esserci – che lo metteva in comunicazione con la celletta del contatore da cui era partita la fuga di gas. La concomitanza di tutti questi elementi avrebbe trasformato il vano caldaia in una bomba; lo scoppio è avvenuto quando il metano è arrivato fino alla fiammella pilota del boiler dell’acqua calda. L’esplosione fu dunque inevitabile e – secondo le accuse – si rivelò così devastante proprio perché vi erano delle gravi irregolarità tecniche.

Accuse che si basano sulle perizie tecniche fatte eseguire dalla procura ed e facile prevedere che l’udienza preliminare (e l’eventuale processo in tribunale se il gup dovesse accogliere la richiesta di rinvio a giudizio) si baserà soprattutto su una guerra di perizie. La Cpl, subito dopo l’apertura dell’inchiesta, aveva diffuso una nota per dichiarare di non sentirsi responsabile di quanto accaduto. «L’incidente», aveva affermato la Cpl, «è stato causato da un guasto che ha provocato una ingente fuoriuscita di gas che ha interessato l’impianto a monte del contatore (apparecchiature e raccordi). L’installazione e manutenzione di tale impianto di media pressione non è mai stato a carico di Cpl Concordia. Quanto alla celletta (o nicchia) in cui erano alloggiate le predette apparecchiature, che si afferma possa essere stata realizzata irregolarmente, non è in alcun modo riconducibile a Cpl Concordia che non l’ha né realizzata né aveva il compito di curarne la manutenzione».

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