Silvi, pirata della strada fugge: lo Stato risarcisce la vittima

Motociclista contro un lampione per colpa di un automobilista mai scoperto: a risarcirlo sarà il Fondo garanzia vittime

TERAMIO. In questa Italia sempre più terra di altri, dove troppo spesso nessuno è responsabile del proprio comportamento, dove i demagoghi fanno sempre più appello ad un’identità collettiva affogando ogni individualità, la sentenza di un magistrato riavvolge il nastro. Stabilisce, Cassazione alla mano, che sia lo Stato a risarcire la vittima di un pirata della strada. Lo dovrà fare attraverso il Fondo di garanzia vittime della strada, operativo dal 1971 proprio per provvedere al pagamento dei danni provocati dalla circolazione di veicoli (e quindi di conducenti) non identificati. Cioè di quelli che quando restano coinvolti negli incidenti pigiano sull’acceleratore e spariscono. Come quello che sei anni incontrò un allora ragazzo 19enne di Silvi.

Tornava a casa in sella al suo scooter. Indossava il casco, non correva, procedeva sulla sua corsia di marcia. Improvvisamente, nell’affrontare una curva, incrociò una macchina con i fari abbaglianti che aveva invaso la sua corsia, costringendolo a spostarsi bruscamente e finendo contro un lampione e, di conseguenza, a terra. Per tre mesi è rimasto a letto per la rottura del femore sinistro e di altre fratture che gli hanno provocato una invalidità permanente riconosciuta del 20%.

Il giudice Marco Di Biase della sezione staccata di Atri del tribunale civile, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Giampietro Dell’Elce, ha stabilito che per quelle lesioni il giovane venga risarcito con una somma 97mila euro, riconoscendo un danno biologico permanente. Scrive il giudice a pagina 3 della sentenza «la giurisprudenza della Cassazione, con la recente sentenza del 14 gennaio 2011, ha precisato che per il risarcimento dei danni cagionati da veicolo non identificato, la prova del fatto costitutivo della pretesa risarcitoria, quanto all’avvenuto evento ad opera di ignoti, non richiede da parte della vittima un comportamento di non comune diligenza ovvero di complessa ed onerosa attuazione diretto all’identificazione del responsabile, dovendosi al riguardo valutare la esigibilità di un idoneo suo comportamento avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche ed alle circostanze del caso concreto come la prova dei fatti, da parte del danneggiato, può essere fornita anche sulla base di semplici tracce ambientali o dichiarazioni orali, senza che sia necessario la identificazione del veicolo laddove essa si presenti di difficile verificazione». E, sostiene il giudice, «nella fattispecie la vittima non ha potuto scorgere l’automobilista poichè l’incidente si è verificato la sera ed aveva la visione abbagliata dai fari in posizione alta». Ma, sottolinea più volte il magistrato, «è provato che l’incidente è avvenuto così come descritto in citazione sulla strada comunale in contrada Stagliano di Atri così come attestato dai testi oculari che hanno riferito sulla dinamica dell’incidente».

Già, perchè, quella sera su quella strada transitavano anche altri automobilisti e motociclisti che videro tutte le fasi dell’incidente e furono i primi a soccorrere il ragazzo a terra. In particolare il giudice fa riferimento alla testimonianza di un altro centauro «che seguiva di circa venti metri il ragazzo, procedendo nella sua tessa direzione, e che vide la vettura del pirata invadere l’altra corsia tenendo costantemente i fari abbaglianti».

Anche la perizia medica, disposta dal giudice, ha accertato che le lesioni riportate dal ragazzo sono state causate dall’incidente, così come provano le varie testimonianze ritenute attendibili. «Perchè», conclude la sentenza, «non vi è ragione di dubitare stante l’assenza di elementi che possano indurre a non ritenere attendibili le loro testimonianze». Con buona pace di quell’automobilista rimasto senza nome.

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